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Il parcheggio “selvaggio” davanti alla porta di casa altrui è sequestro di persona

28 Dicembre 2015 da dagata

Il parcheggio “selvaggio” davanti alla porta di casa altrui è sequestro di persona. Condannato chi blocca l’accesso perché l’inquilino non paga la corrente. La legge è assai rigorosa con chi si fa giustizia da sé.

 

Parcheggiare irregolarmente la propria auto davanti casa, bloccando l’accesso ai locali, in modo da impedire all’inquilino moroso di transitare con il proprio veicolo per accedere alla via pubblica, integra gli estremi del delitto di cui all’art. 605 del Codice penale, punibile anche con la reclusione.

Attenzione quindi a lasciare l’auto ferma davanti alla porta di casa altrui se non lascia una via di fuga sicura, perché così facendo, come conseguenza, dentro l’immobile restano bloccati i figli minori del conduttore. Non occorrono particolari comportamenti per integrare gli estremi di quella violenza che fa poi scattare la sanzione penale, ma è sufficiente rifiutarsi, una volta che si è invitati a farlo, di spostare il proprio veicolo. E ora il locatore rischia grosso. Lo ha sancito la sentenza 50133/15, pubblicata il 21 dicembre dalla quinta sezione penale della Cassazione affermando che, troppo frettolosa l’assoluzione dall’accusa di sequestro di persona perché il delitto ex articolo 605 Cp si configura quando la vittima della costrizione non ha vie di fuga che possono essere percorse senza pericolo di danni. Il ricorso del procuratore della Repubblica presso il tribunale è accolto contro le conclusioni del sostituto procuratore generale della Suprema corte. Si riapre il processo contro il padrone di casa, che parcheggia un muletto e due macchine agricole sul vialetto d’accesso alla casa del suo inquilino, un immigrato di origine maghrebina che gli deve dei soldi per la bolletta dell’elettricità. Non conta che lo straniero, sostiene la difesa, avrebbe comunque potuto comunque rincasare utilizzando un ingresso secondario. Il punto è che la condotta addebitata all’agricoltore romagnolo non è contestata come commessa in danno dell’inquilino, ma dei figli minori del conduttore che, a quanto pare, sono rimasti bloccati all’interno della casa per via dei macchinari parcheggiati davanti alla porta. E affinché si configuri il reato ex articolo 605 Cp non è necessario che la vittima non abbia proprio scampo: il delitto risulta integrato anche quando alla parte offesa viene lasciata una via di fuga che però può non essere percorsa per il timore di danni o di pericoli per la persona. Sbaglia allora il Gup che pronuncia il non luogo a procedere per insussistenza del fatto senza considerare che le persone offese sono minorenni e, secondo ciò che risulta, sono rimasti “prigionieri” nell’abitazione. Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”anche se l’inquilino non sta provvedendo alle spese delle utenze, il proprietario di casa non può ne’ disdettare il contratto di fornitura dell’energia elettrica, anche se a sé intestato, o peggio sostituire la serratura, estromettendo l’inquilino dall’immobile, ma deve invece agire con l’azione di sfratto per morosità. Sebbene i tempi di un’azione di sfratto siano estremamente lunghi e, a volte, l’esigenza di rientrare nell’immediato possesso dell’immobile e delle chiavi di casa sia superiore allo stesso valore dei canoni non scaduti, la legge è assai rigorosa con chi si fa giustizia da sé. Dunque commette un reato il proprietario dell’immobile che, di fronte all’inottemperanza del conduttore al pagamento delle spese dell’utenza, anziché ricorrere al giudice con l’azione di sfratto, si fa ragione da sé, blocca l’accesso ai locali, in modo da impedire all’inquilino moroso di transitare con il proprio veicolo per accedere alla via pubblica.

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