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Milano Art Gallery accoglie l’artigianalità cremonese del “Forno Valentina”

2 Gennaio 2014 da ufficiostampa

Il panificio cremonese “Forno Valentina” sarà nuovo partner della rinomata e storica Milano Art Gallery – Spazio Culturale e parteciperà quindi alle prossime mostre ed eventi culturali nella sede milanese in Via G. Alessi 11.

Il titolare dell’attività ci illustra la storia e le lavorazioni del suo forno cremonese e commenta la collaborazione con la Galleria.

D- COME NASCE LA COLLABORAZIONE CON LA MILANO ART GALLERY A MILANO?

R- Nasce da una conoscenza avvenuta qui a Cremona con un’assistente della Milano Art Gallery, che ha fatto da tramite e mi ha fatto conoscere il Dott. Nugnes. Abbiamo già fatto altre collaborazioni con loro e sono rimasti soddisfatti. L’obiettivo è anche quello, un domani, di avere un punto vendita anche su Milano, perché alcune mie conoscenze di Cremona e Milano mi dicono che la qualità che abbiamo noi non esiste, in quanto ormai l’industrializzazione ha portato via un po’ di qualità e quando la gente sente qualcosa di diverso che al palato è molto più buono di quello che hanno mangiato fino a ieri lo riconosce subito. Per vendere su Milano però deve essere una cosa valida, ci si deve strutturare, ci sono questioni logistiche e produttive da considerare; è facile servire una metropoli però poi bisogna mantenere il servizio ed è li che nascono i problemi, bisogna pianificare tutto prima.

D- QUANDO HA INIZIATO QUESTA ATTIVITA’? E’ UN’AZIENDA DI FAMIGLIA?

R- Questa attività è partita tre anni fa e prende spunto dall’azienda di mio zio, che ha fatto il fornaio per una trentina d’anni a Modena. Sono tutti prodotti che rispecchiano le caratteristiche base dei prodotti emiliani, specialità in prevalenza derivanti da questa regione, in special modo del territorio che abbraccia Modena, Bologna e Reggio Emilia.

D- NEL TEMPO SONO CAMBIATE LE PROCEDURE DI LAVORAZIONE DEL PANE?

R- Noi siamo specializzati nei prodotti da forno, quindi tutte le specialità che sono di contorno al pane, dolci e focacce soprattutto. Le procedure in sé sono parecchio cambiate nel corso degli anni, perché sono cambiate le tecnologie. Oggi il fornaio ha un impegno notevole ma non più gravoso come prima; adesso ci sono dei prodotti, biologici e naturali, che aiutano anche la lievitazione. C’è stata indubbiamente un’evoluzione. Una volta il pane lo si faceva sempre e comunque fresco, adesso lo si può fare anche la sera, metterlo in camera di lievitazione a -11°, la camera si aziona automaticamente e porta il pane a 35° con l’80% di umidità. Con questo metodo si può andare anche tranquillamente a dormire con il lavoro già avviato, mentre una volta si doveva essere lì già alle dieci di sera per preparare tutto. Nel nostro panificio teniamo però ferma una grande caratteristica, quella di avere l’artigianalità, perché il gusto che ne risulta è completamente diverso da quello industriale. Partiamo quindi da un prodotto che rimane artigianale fino alla cottura, poi ovviamente con tutte le tecnologie che ci sono al giorno d’oggi lo si può confezionare come si vuole. Noi siamo una via di mezzo tra l’industria e l’artigianato vero e proprio.

D- MOLTI NON SANNO CHE LA SUA PROFESSIONE RICHIEDE MOLTI SACRIFICI. CI DESCRIVE UNA SUA GIORNATA LAVORATIVA “TIPO”?

R- Si comincia alle due di notte circa, si estraggono dalla camera di lievitazione i dolci, le brioche e il pane fatto il giorno prima, che richiede meno lavorazione e meno tempo, poi si procede con quello fresco e tutto il resto. Verso le sei si inizia a spedire, dalle sette in poi si può iniziare già con i prodotti per il giorno dopo o ciò che va mandato in surgelazione, altra grande parte del nostro lavoro. Così continuiamo fino a mezzogiorno e mezzo circa. Dall’una alle tre mi riposo e poi si riprende fino alle sette, con altre cose per il giorno dopo o per quello che riguarda il surgelato. Siamo quindi sulle quindici ore al giorno.

D- QUANTO CONTA LA PASSIONE NEL SUO LAVORO?

R- Al di là di quello che può essere il guadagno, che comunque negli ultimi anni si è anche ristretto, c’è la passione e la soddisfazione di realizzare e veder realizzati i propri prodotti. Quando li ho portati a Milano, non dico di aver lasciato tutti a bocca aperta, ma sono rimasti soddisfatti.

D- QUALI SONO I PRODOTTI ALIMENTARI CHE PRODUCE?

R- I principali prodotti sono innanzitutto il pane da trancio, le crescentine (o tigelle) modenesi, un tipico pane montanaro delle nostre zone e lo gnocco fritto, un prodotto tipico di Modena e Reggio Emilia, una pasta che viene fritta nell’olio e nello strutto e che può essere anche surgelato una volta cotto. Poi ci sono le focacce e vari tipi di pizzette rotonde che vanno bene per le scuole e per gli sportivi, e anche per le rivendite alimentari. Questi sono i prodotti di punta, poi ci sono anche altri dolci, tra cui le classiche crostate e i tortoni ripieni. Facciamo un po’ di tutto.

D- I SUOI PREZZI SONO DAVVERO AGEVOLATI, COME RIESCE A MANTENERSI COSI’ COMPETITIVO SUL MERCATO?

R- Il prodotto fresco viene venduto in loco, quello surgelato può essere mandato dove si vuole. Nella zona di Cremona non c’è molta concorrenza per quanta riguarda i prodotti freschi, quindi non ci sono problemi. Per quanto riguarda invece il surgelato si incontra già un mercato più vario, dominato dai due/tre colossi grossi a livello di Algida, Motta o Nestlè, che sono ormai delle multinazionali, a cui però noi in parte ci appoggiamo perché il cliente prende solitamente il 70/80% da loro e il restante da noi, dove vuole una certa qualità e quando desidera raggiungere un certo livello. C’è quindi una concorrenza, ma fino a un certo punto. Come produttori noi possiamo spuntare un prezzo migliore rispetto al loro, ma loro come commercianti hanno il monopolio della distribuzione, si tratta di una via di mezzo. Molte volte siamo anche in collaborazione con dei grossisti, ci si rispetta a vicenda e ognuno fa il suo mercato. Da produttore posso dire che abbiamo una marcia in più noi.

D- IL VECCHIO PROVERBIO “IL CLIENTE HA SEMPRE RAGIONE” E’ ANCORA VALIDO NEL COMMERCIO?

R- Per quello che riguarda il consumatore finale sono io il primo a dire che il cliente ha sempre ragione, nel senso che se è un prodotto di qualità (che incontra il gusto da nord a sud) automaticamente il cliente se ne accorge, se invece avanza delle critiche o riscontra qualcosa che non va allora bisogna analizzare il prodotto e capire se il cliente lo fa per abitudine, cioè è tedioso e pretende la Luna anche se non c’è, o se effettivamente c’è qualcosa da rivedere e correggere. In questo caso siamo i primi ad ascoltare il consumatore finale. Bisogna avere un occhio di riguardo per il consumatore finale, che poi non è altro che quello che va nei bar, nelle trattorie, e nei supermercati. Se invece a lamentarsi è per esempio un bar, allora per il 50% non è vero, lo fanno a prescindere, ma se la lamentela arriva dal cliente finale allora è da ascoltare, sia che sia un apprezzamento che una critica su qualcosa da migliorare siamo disposti a sentire ogni persona.

D- LE PIACEREBBE ESSERE OSPITE IN UNA TRASMISSIONE TELEVISIVA CULINARIA?

R- Se riguarda i miei prodotti non mi tiro indietro, li guardo anche io ogni tanto quei programmi, per esempio quelle trasmissioni che fanno su Real Time, come il Re del Cioccolato e quelle con Gordon Ramsay. Se me lo dovessero chiedere, se fosse per un giorno o due, una cosa non troppo impegnativa che mi fa tralasciare l’azienda, accetterei.

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