Disabilità e carceri: sono più di 200 i detenuti portatori di handicap in Italia
15 Giugno 2013 da dagata
La situazione delle carceri italiani è costantemente sotto la lente d’ingrandimento dello “Sportello dei Diritti”, da anni impegnato anche per un miglioramento delle condizioni della popolazione carceraria e per la tutela dei diritti di chi si trova a scontare una pena o è in attesa di giudizio, troppo spesso in condizioni disumane e sicuramente non all’altezza di un Paese che assume di essere “civile”. Questa volta siamo costretti a segnalare chi tra gli ultimi e forse ancora più ultimo, ci si conceda questa licenza, se siamo a parlare degli oltre 200 detenuti disabili presenti negli istituti penitenziari italiani secondo una recente ricerca condotta dalla ricercatrice Catia Ferrieri per l’Università degli studi di Perugia nell’ambito del “POR UMBRIA FSE 2007-2013” dall’eloquente titolo “Carcere e disabilità: analisi di una realtà complessa” che è bene divulgare per non far cadere nel dimenticatoio un ulteriore problematica che riguarda i nostri istituti di detenzione (il documento integrale è scaricabile all’indirizzo http://sanitapenitenziaria.org/documenti/419/download ).
Lo studio in questione ha preso in esame solo 84 dei 210 casi “ufficiali” in collaborazione con l’ufficio Detenuti e Trattamento del provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria. Tale numero è dovuto al fatto che su un totale di 416 istituti penitenziari italiani, solo 14 hanno risposto al questionario, inviato a tutti gli assessorati regionali alla sanità delle regioni a statuto ordinario e, previa autorizzazione del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, ai direttori delle case circondariali e di reclusione nelle regioni a statuto speciale.
L’indagine si è basata, quindi, sugli 84 detenuti di cui si sono ricevuti i questionari ed ha riguardato sia la presa in carico da parte delle Asl di competenza, sia la compatibilità delle sezioni e reparti detentivi che ospitano detenuti disabili con le norme sull’abbattimento delle barriere architettoniche. La carenza di risposte da parte di alcune istituzioni delle varie regioni ha fornito solo dati parziali, ed in particolari quelli rivenienti dalle 10 regioni che hanno risposto al questionario: in particolare Umbria, Piemonte, Liguria, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Valle d’Aosta, Lombardia e Veneto. I dati in questione sono aggiornati a luglio 2012. Per brevità mettiamo in evidenza solo i principali.
Per ciò che concerne le presenze, la regione (tra quelle che hanno risposto) con il maggior numero di detenuti disabili è la Liguria, con 44 presenze tra la casa circondariale di Genova (40) e quella di Sanremo (4). A seguire la Calabria – con 19 presenze tra Castrovillari e Reggio Calabria e la Campania, con 7 detenuti disabili.
Quanto alle differenze per sesso, età, stato civile, il 79,3% dei detenuti disabili è di sesso maschile. Il 35,7% ha un età compresa tra i 40-50 anni, il 20,2% tra i 50-60 anni, il 15,4% tra i 30 e i 40, il 5,9% ha più di 70 anni. Il 40,4% è celibe, mentre il 41,6% è coniugato, il 7,1% è separato o divorziato. Circa la metà dei detenuti disabili ha figli
Anche altre differenze sono state prese in considerazione e tra queste la cittadinanza, l’istruzione, e la formazione. I detenuti disabili sono in gran parte italiani (92,8%), circa la metà ha un diploma di scuola media inferiore, il 21,4% ha la licenza elementare, il 14,2% è diplomato alla scuola superiore, il 7,14% è laureato. Il 61,9% non ha seguito corsi di formazione né prima dell’ingresso nell’istituto penitenziario, né durante l’attuale detenzione.
Per ciò che riguarda la tipologia di detenzione e di reparto: il 51,1% dei detenuti disabili presi in considerazione è sottoposto ad esecuzione penale, mentre il 27,3% è in custodia cautelare. Per il 19% il dato risulta addirittura sconosciuto. Quasi la metà, in particolare il 47,6% è attualmente assegnato a reparti ordinari, a fronte del 14,2% assegnati a reparti specifici.
Un elemento importante da evidenziare è anche la tipologia di disabilità: il 79,7% dei detenuti è affetto da una disabilità fisica, mentre l’11,9% ha una disabilità sia fisica che psichica. Anche in questo caso, per il 3,5% il dato non è conosciuto. Il 19% dei soggetti ha una disabilità legata a una patologia immunitaria, il17,8% è affetto da problemi legati all’apparato cardiocircolatorio, il 17,8%, ha una disabilità legata all’apparato nervoso centrale.
Uno spazio da porre all’attenzione riguarda gli aspetti delle indennità e del lavoro. Circa il 50% dei detenuti usufruisce attualmente di una indennità di disabilità erogata dall’Inps o da altri enti, mentre il 38% non ne usufruisce. Pochissimi, ossia solo il 96,4%, non è inserito in una attività all’interno del carcere. Da segnalare come esempio isolato e positivo è quello della Casa Circondariale di Reggio Calabria, dove i detenuti disabili sono inseriti nell’attività di lavanderia e di lavoro all’esterno dell’istituto.
Quando si parla di handicap e disabilità non bisogna mai accantonare l’aspetto dell’accessibilità. La ricerca in questo senso evidenzia che il 55,9% dei detenuti disabili è ospitato in sezioni o reparti detentivi con ridotte barriere architettoniche, mentre il 44% in reparti o sezioni aventi barriere architettoniche. Il 42,8% dei detenuti disabili monitorati utilizza ausili per la deambulazione, mentre il 57,1% non ne utilizza. Tra gli ausili, prevalgono la sedia a ruote (16,6%) e i bastoni canadesi (11,9%).
Un ultimo dato su cui riflettere riguarda le pene espiate e le pene residue. La pena residua più lunga è di 28 anni, mentre la più breve è di 8 giorni a fronte di una media 1527,78 giorni ossia a 4 anni, 2 mesi e 7 giorni. La pena espiata più lunga è di 19 anni, la più breve è di 16 giorni, mentre la media del tempo in cui il soggetto è in stato detentivo è di 1057,41 giorni, ossia 3 anni e 57 giorni.
Alla luce di tali dati, Giovanni D’Agata presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, rileva la complessità della situazione invitando i familiari dei detenuti disabili o tutti quelli che hanno conosciuto esperienze simili a segnalarle all’associazione specie per tutti quei casi che hanno riguardato circostanze che sono ritenute come lesive dei propri o altrui diritti.
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