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Nasce il Museo sul territorio delle opere di Filippo Biagioli (Il sentimento umano dell’arte primaria)

15 Giugno 2013 da arten

Nasce il Museo sul territorio delle opere di Filippo Biagioli (Il sentimento umano dell’arte primaria) con preghiera di diffusione e condivisione

Dall’esperienza diretta con il MAP Museo Arti Primarie e la conoscenza di altre realtà presenti sul nostro territorio nazionale promosse da comuni, enti, associazioni, è nato il mio desiderio e bisogno di censire, localizzare e sviluppare questo progetto chiamato: Museo sul territorio delle opere di Filippo Biagioli. Di fatto sono spazi di terreno o murali, che musei, enti pubblici, o privati scelgono per aderire alla proposta e utilizzati per realizzare installazioni di mie opere d’arte. La rete di connessioni dei luoghi toccati dall’iniziativa sarà autofinanziata tramite un bookshop aperto sul sito e opportunamente documentata: troveranno spazio sul mio blog www.filippobiagioli.com mappe interattive scaricabili su ogni tipo di dispositivo informatico. Ciò riuscirà a proporre un’informazione esaustiva del suolo toccato dalle opere, sia sotto il profilo artistico relativo alle installazioni, sia sotto l’aspetto turistico del comune in cui sorge.

Ma presentare questo progetto ha per me un aspetto ancor più profondo rispetto alla semplice installazione delle opere come se fossero in mostra in qualche sala espositiva; è la possibilità di comunicare con il mondo, con le persone che ne vogliono far parte in maniera attiva e che desiderano fermarsi a riflettere, pensare a riappropriarsi del territorio in cui esse vivono. Con la concretizzazione di questa idea posso affermare alcuni concetti per me importantissimi. Innanzitutto “tornare” al territorio come “valore reale”, fondamentale patrimonio per l’uomo e la sua crescita interiore, poiché esso è il “suolo materno” con cui condividiamo la nostra nascita, cresciamo apprendendone la cultura gli usi e costumi, ci arricchiamo interiormente delle esperienze dei nostri avi, tramandate dalla nostra famiglia. A tutti gli effetti, il crollo odierno della fiducia verso le istituzioni pubbliche e verso le strutture sociali e religiose fino ad adesso insegnate, la frammentazione dei nuclei e il logorio dei rapporti inter-personali causati dallo scorrere frenetico della società attuale stanno trasformando l’insieme di persone che convivono sotto lo stesso tetto da “famiglia, gruppo di persone legate tra loro da rapporti di parentela” in micro-tribù contemporanee, in cui il gruppo ha una sua caratteristica comune, sia essa culturale e linguistica (si pensi ai dialetti), e dove in zone rurali ritorna a “vivere e coltivare” il territorio per la sua sopravvivenza. Sempre in questo momento storico di grandi trasformazioni, l’arte è spesso rilegata a “cultura di investimento” per cui si sente sempre più parlare di “investimenti in arte”. Ma ciò è sbagliato in quanto la vera ricchezza è “investire in cultura” così da riportare alla luce quel patrimonio di tradizioni, leggende, riti, credenze, insegnamenti che possono riuscire a renderci liberi dalla dipendenza di un sistema socio politico che ci vuole schiavi, consumatori e non-pensanti. Investire in cultura può farci comprendere a fondo il nucleo familiare da cui proveniamo, la natura, gli animali, il prossimo. Tutto questo è un bagaglio di esperienze che ci aiuta ad aprire la nostra mente in ogni direzione.

E’ questo insieme di esperienze che origina il diritto a “…fare memoria per fare futuro, cit. dalla Presentazione MAP Museo Arti Primarie” dove la volontà di far sopravvivere i ricordi alla tirannia del tempo è quasi un dovere per le generazioni

che intendono tramandare ai futuri discendenti un’educazione culturale composta dai propri errori, storie di vita, insegnamenti, culti, ecc. in modo tale che proprio a loro sia data la possibilità di usufruire di questa importante eredità. Ho sempre abbinato questo pensiero ad una frase dettami da un’amica studentessa universitaria: “Io ti vedo tipo un concentrato di popolazioni estinte! Non è che ti vedo un essere umano singolo!” la quale rende bene l’idea di come ancora sia possibile la percezione della “memoria archetipica” anche dentro un cittadino europeo, fin qui visto solo come figlio di una “cultura occidentale”.

Questo progetto invece è anche una dichiarazione di esistenza dell’arte rituale europea (arte tribale europea, se consideriamo il singolo o l’insieme di persone che compiono un rito e/o la lenta trasformazione della famiglia). Come artista di arte tribale, mi trovo a vivere le radici del mio territorio, ciò che esso mi racconta e che mi trasmette. Che sia l’acqua del fiume, le fabbriche di metallo, o la terra calpestata dagli animali, tutto ciò è una miniera a cielo aperto per ricavare materiali vari che mi consentono di concretizzare e raffigurare tramite statuine votive tutte quelle “presenze” che “sento” vicino a me come gli “spiriti” del bosco, dell’acqua, del vento, delle piante. Proprio per questo nonostante l’industrializzazione, il consumo di suolo, la perdita apparente di archetipi di tutto quello che mi circonda, io continuo la mia vita in simbiosi con quella che è la mia arte, il mio modo di vivere che si concretizza tramite la mia meditazione sul fiume, i miei reliquiari che contengono frammenti di animali, le mie pitture. Nonostante l’Europa venga vista dall’esterno industrializzata e conti per la maggior parte fedeli di una sola religione, essa trattiene in sé il germe dell’arte tribale europea che non si può negare in quanto significherebbe in realtà e senza dubbio negare tutto ciò che muove l’arte primaria in generale, sia essa africana, oceanica, himalayana ecc. e nello stesso qual modo negare i manufatti rituali contemporanei africani come valore culturale, o di ogni altra cultura; significherebbe dichiarare indirettamente che l’arte tribale o primaria non esiste (quando invece è universalmente presente), poiché è proprio nell’archetipo, nel ricordo degli antenati, nella raffigurazione di qualcosa che non si riesce a vedere ma solo a percepire o comprendere, nel rapporto con la natura, che essa nasce, si sviluppa e resta immortale e universale nel tempo.

Per l’importante aiuto ricevuto nella realizzazione del progetto vorrei ringraziare di cuore: Alice Borchi e Yumi Sano per le traduzioni, Daisy Triolo per la revisione dei testi.

filippo biagioli

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