Bancarotta fraudolenta solo se si riesce a provare il dolo
15 Giugno 2013 da genteattiva
L’imprenditore dell’impresa, poi fallita, che tiene le scritture contabili in modo irregolare non può essere condannato per bancarotta fraudolenta documentale a meno che non venga provato il dolo e cioè la volontà di impedire la ricostruzione del volume d’affari. La Cassazione con sentenza 25093 del 22/6/2012 ha annullato con rinvio la condanna pronunciata dalla Corte d’appello di Catania a carico di un’imprenditrice. La contabilità della piccola impresa era stata tenuta in modo irregolare. Dopo il fallimento erano scattate le accuse per bancarotta documentale. Il tribunale e la Corte d’appello di Catania avevano confermato la responsabilità penale della donna. Contro la doppia decisione conforme di merito lei ha presentato ricorso in Cassazione ottenendo un annullamento con rinvio della condanna. Per gli Ermellini, senza prova sul dolo e cioè sulla volontà di impedire la ricostruzione dell’intera contabilità l’imprenditore non può essere condannato. Sul punto il Collegio ha messo nero su bianco che <in tema di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, comma primo, n.2, 1. fall.) è illegittima l’affermazione di responsabilità dell’amministratore che faccia derivare l’esistenza dell’elemento soggettivo del reato dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, considerato che, in tal caso, trattandosi per di più, nella specie, di omissione contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza por mente alle conseguenze di tale condotta, considerato che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma secondo, 1. fall.>. I giudici siciliani avrebbero dovuto motivare circa il dolo della manager e cioè <sulla volontà di tenere le scritture contabili in modo irregolare, per impedire la ricostruzione del patrimonio o del movimento d’affari>.
A cura del prof. Giuseppe Catapano
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