Dal 2 dicembre esposizione di Roberto Mangú presso il museo di Santa Giulia, Brescia
12 Gennaio 2013 da pivari
Dal 2 dicembre 2012 al 20 gennaio 2013 presso il complesso di Santa Giulia a Brescia la mostra di Roberto Mangú Mar Adentro
Il suo nome completo è Roberto Mangu Quesada, spagnolo e francese. Nato nel 1948 a Parigi, vive e lavora tra Italia, Francia e Spagna.
Da quasi trent’anni il lavoro di Roberto Mangú, attraverso la sua visione della Permanenza, sviluppa una riflessione sull’uomo, sullo spazio e sul tempo, proponendo opere che interrogano e indagano con forza l’avvenire dell’uomo attraverso una definizione di uno spazio-tempo intemporale, ancorato alle più profonde origini, proiettando l’instante di un presente già quasi futuro.
La pratica artistica di Roberto Mangú si è sviluppata tra Siviglia, Madrid, Milano, Bruxelles e Parigi, ed è sempre stata profondamente contraddistinta dalle sue origini mediterranee, al tempo stesso italiane e spagnole. A partire dagli anni ’80 Mangú compone un’opera incentrata sull’essenza mitica dell’uomo e sulla sua capacità di agire nel mondo lasciandovi la propria impronta. Per lui «la pittura è essenzialmente una risposta costruita all’interrogazione del mondo attuale». Egli lavora alla costruzione di un linguaggio pittorico che celebri e simboleggi la libertà, la speranza, il carattere sacrale della vita.
La sua arte si riferisce alla permanenza di tutto ciò che continua a esistere attraverso i tempi. Molte sue opere sembrano tracciare i contorni di nuovi miti contemporanei. Altre (serie di architetture monolitiche o Megaliti) appartengono alla tradizione delle «pietre sospese», trait d’union tra la sfera terrestre e quella celeste.
Alla fine degli anni ’80 Mangú inaugura un ciclo di pitture intitolate Gli uomini in piedi, in riferimento alla posizione dell’uomo di fronte alla propria storia e al proprio tempo. Questo periodo è segnato dal suo soggiorno milanese che lo lega a Philippe Daverio, il quale scrive: «Ciò che mi ha colpito, la prima volta che ho visto i tuoi quadri, è lo spirito feroce, ribelle e indomabile che li animava. Ciò che mi ha convinto della loro autenticità era quanto essi corrispondessero al tuo aspetto medesimo. Mai come oggi nelle arti visive domina il perbenismo, e anche il buon gusto. Un elegante sistema mondiale della critica evita ogni caduta di tono verso la vita. E se già bisogna ogni tanto essere un poco anticonformisti, questione di buone maniere, la provocazione codificata delle grandi mostre offre uno sfogo popolare quanto delicatamente rassicurante. Ciò che ho apprezzato in modo quasi ottuso è la tua fede, anch’essa quasi ottusa, nella virtù benefica e giovevole della pittura nella sua versione più classica di linguaggio per gli appassionati della materia colorata. Da circa vent’anni è riemersa la legittimazione della pittura, secondo il termine oggi corretto di worldwide. Questa legittimazione ha consentito la riconversione professionale di vaste aree di artisti poveri, ma non è ancora stata sufficiente a generare una pratica dell’uso di pennelli e colori da considerare realmente soddisfacente, né per i creatori né per i loro utenti. Tu non hai ricominciato a dipingere. Tu hai sempre dipinto. E persisti nel dipingere a modo tuo, con tanto vigore. La tua visione fisica e corporale, la tua visione metafisica, è come le tue radici lontane nelle vie di Parigi, quelle dei gitani, là dove anche il Grande Inquisitore è tollerato, vive ancora in una roulotte insieme a un mangiatore di spade e sogna l’arrivo di un’improbabile Carmen che gli farà girar la testa verso la luce…» («Lettera al mio caro Roberto Mangú», in Roberto Mangú. Permanenza, ed. ShinFactory, Brescia, 2007, p. 6).
Alcuni anni dopo, a metà degli anni ’90, Mangú si trasferisce a Madrid e realizza I Grandi Santi, insieme di tele di sorprendente forza e attualità. L’apparizione del Mintak – entità personificata creata dall’artista alla fine degli anni ’90 – conferisce una nuova dimensione alla sua opera. Tra figura mitica e spirito magico, Mintak, da allora, percorre l’opera del pittore materializzando la compresenza, nello spirito dell’Uomo, dell’immutabilità del Reale e del Tempo.
Gli anni 2000 vedono la persistenza di elementi dominanti come il Mintak, il quale continua a viaggiare nelle opere dell’artista incarnando quella Permanenza che egli ha saputo riattivare anche nel superamento di una pittura sempre più ancorata a un Mediterraneo ideale, supporto di sogni immutabili e sempre portatori di una prospettiva atemporale attinta nella profondità di un mare tormentato.
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Roberto Mangú
Mare Adentro – 3.1, 2011
Huile sur toile, 150 x 150 cm
foto: Katrine Baumann
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