Cessione dei calciatori: per la Suprema Corte la plusvalenza è provento ordinario
6 Marzo 2019 da dagata
Cessione dei calciatori: per la Suprema Corte la plusvalenza è provento ordinario
La Corte di Cassazione nelle ordinanze nn.2144, 2145, 2146, decise il 12 luglio 2018 e depositate il 25 gennaio 2019, ha affermato che, nel caso di trasferimento di un calciatore, non si verte in tema di plusvalenze “straordinarie” ma di plusvalenze che derivano dalla gestione “ordinaria” della società sportiva, che si realizza anche con la cessione dei contratti a prestazioni corrispettive.
Infatti, il trasferimento di un calciatore è un atto che rientra nella gestione di una squadra di calcio, rappresentando un evento collegato all’attività ordinaria della società sportiva; per tale motivo, le plusvalenze derivanti dall’alienazione delle immobilizzazioni, quando la cessione del bene costituisce un evento ordinario della gestione dell’impresa, fanno parte dei proventi e oneri della gestione “ordinaria” accessoria. Lo annunciano gli Avv. Maurizio Villani e Avv. Lucia Morciano.
L’Agenzia delle Entrate emetteva avvisi di accertamento per gli anni 2001, 2002 e 2003 nei confronti di una società sportiva Alfa, rettificando il valore ai fini IRAP, elevandolo a €… e riprendendo a tassazione plusvalenze non dichiarate per €…, ed accertando ai fini IRPEG e IRAP, la esposizione in dichiarazione di minusvalenze non deducibili per €…
La società Alfa proponeva ricorso nel quale dava definizione al concetto di plusvalenza, affermando che questa deriva dalla cessione dei contratti relativi alle prestazioni sportive dei calciatori della società, costituenti oggetto della gestione ordinaria delle società sportive, con recupero dell’imponibile ai fini IRAP, ai sensi dell’art. 11 comma 3 del D.lgs n.446 del 1997, poiché non si può condividere la contabilizzazione in bilancio nella voce conto economico E 20 tra i proventi e gli oneri straordinari.
Nel caso di specie si configura, invece, l’ipotesi di cessione del contratto avente a oggetto il diritto alla prestazione esclusiva del calciatore per la durata del contratto.
Invece, successivamente, la CTR accoglieva l’appello proposto dall’AdE in relazione alle plusvalenze, in quanto il contratto tra le due società sportive aveva a oggetto il diritto all’utilizzo esclusivo della prestazione sportiva del calciatore; tale diritto era qualificato come immobilizzazione immateriale, iscritto nell’attivo dello stato patrimoniale, quale bene ammortizzabile.
Di converso, la CTR rigettava l’impugnazione relativa alle minusvalenze poiché vi era stato, a ogni modo, un contratto a titolo oneroso poiché la cessionaria, seppur non corrispondeva nulla alla cedente, era onerata degli oneri per il compenso dell’atleta a carico della cedente, che se ne liberava.
L’AdE proponeva ricorso per Cassazione al quale resisteva la società Alfa con controricorso e, nel contempo, proponendo ricorso incidentale.
In particolare, si esamina il motivo del ricorso incidentale della società Alfa con il quale questa deduceva che nel caso de quo non vi è stato il trasferimento di un bene o diritto reale, idoneo a ingenerare plusvalenza, né la cessione di un autonomo diritto di esclusiva.
Sul punto la società Alfa, ha sottolineato che nel caso di specie non vi è stato un trasferimento di un bene o diritto reale, atto a ingenerare plusvalenza, né la cessione di un autonomo diritto di esclusiva, che attiene alla gestione “ordinaria” delle società sportive.
L’orientamento prevalente della recente giurisprudenza di merito, in linea con l’unico intervento della Cassazione in materia (Cass.n. 3545/2004), ha statuito che in riferimento all’attività imprenditoriale d’ intrattenimento sportivo esercitata da una società, che si avvale della prestazione dei calciatori, tale diritto è un bene immateriale strumentale e, pertanto, il compenso che deriva dalla sua cessione genera plusvalenza o minusvalenza, classificabili tra i componenti ordinari di reddito.
Ciò posto, premesso che un’operazione di calciomercato consiste nella cessione del contratto stipulato da una società sportiva con un calciatore a un’altra, nell’osservanza delle modalità fissate dalle federazioni, e che la somma pagata consente alla cessionaria di usufruire della prestazione esclusiva del calciatore, l’eventuale plusvalenza realizzata sul diritto alla prestazione esclusiva dell’atleta è relativa a un bene strumentale e, quindi, componente ordinaria di reddito assoggettabile a tassazione IRAP (CTR Lombardia 3625/45/2015).
Infatti, la società cedente, rinunciando anzitempo al diritto esistente, in un’ottica imprenditoriale, usufruirà di un vantaggio analogamente a quanto avviene in occasione di una cessione di beni strumentali; ragionando diversamente, la fattispecie assumerebbe i connotati tipici dell’elusione fiscale. Pertanto, in buona sostanza, l’operazione in esame non si potrebbe considerare straordinaria, distinta e in alcun modo ricollegabile al plusvalore derivante dalla cessione di beni strumentali ( CTR Piemonte , 825/5/2017).
Di diverso avviso, la CTR Lazio (92/28/2012) che ha sostenuto, invece, che la plusvalenza ottenuta dalla cessione del diritto di credito non può essere considerata proveniente da beni strumentali, in quanto il mezzo per consentire l’attività della società (prestazione del giocatore) nasce da un diverso negozio giuridico, successivo a quello della cessione.
Secondo tale Commissione, ne discende che, acquisendo la società cessionaria solo il diritto a concludere un nuovo contratto con il giocatore, e non costituendo questo alcuna autonoma funzione produttiva, l’accordo tra le due società senza il successivo accordo con il giocatore non consente di affermare la realizzazione di una plusvalenza in capo alla società cedente, non derivando questa dalla cessione di un bene strumentale, con conseguente assoggettamento all’IRAP.
Prima di enunciare il principio di diritto sopra esposto, la Suprema Corte in via preliminare ha inquadrato la natura di plusvalenza, rilevante ai fini IRAP, dei corrispettivi ricevuti dalla società sportiva per la cessione del contratto dei calciatori.
Precedentemente alla L.n.91/1981, l’atleta professionista era legato alla società sportiva, oltre che dal contratto di prestazione sportiva, altresì dal “vincolo sportivo”, che istituiva un rapporto autonomo e distinto, in base al quale la società acquisiva il diritto, esclusivo e alienabile ai terzi, a usufruire dell’atleta per tutta la durata della sua carriera sportiva.
Successivamente, con la L.n.91 del 1981 è stata regolamentata in modo diverso la materia, prevedendo, all’art.3, che “la prestazione a titolo oneroso dell’atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato regolato dalle norme contenute nella presente legge”.
Predetto articolo disciplina il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso, che si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive.
Poi, l’art. 5 comma 2 della stessa legge prevede che “è ammessa la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società sportiva a un’altra, purchè vi consenta l’altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali”.
Inoltre, l’art. 11, comma 3 del D.lgs n.446 del 1997, all’epoca vigente, dispone che “Ai fini della determinazione della base imponibile di cui agli articoli 5, 6 e 7 concorrono. in ogni caso, le plusvalenze e le minusvalenze relative ai beni strumentali non derivanti da operazioni di trasferimento di azienda”.
Il Supremo Consesso, ha precisato che, la FIGC, interpretando l’art. 5 citato della legge n.91/1981, ha ritenuto che tale fattispecie si configurasse come una commissione di tre atti distinti:
a) l’accordo tra le due società sportive e l’atleta per il trasferimento di questi;
b) l’accordo tra le due società per la risoluzione anticipata del contratto di prestazione sportiva in essere;
c) la stipulazione di un nuovo contratto tra l’atleta e la nuova società.
Secondo la FIGC, pertanto, poiché il corrispettivo versato dalla cessionaria non ha come causa la cessione del contratto esistente, ma solo la sua anticipata cessazione e, in assenza della stipulazione del nuovo contratto, questo diritto “non è suscettibile di alcuna autonoma funzione produttiva”, di conseguenza le somme pattuite non costituiscono plusvalenze relative a beni strumentali.
Dall’altra parte, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n.213 del 19-12-2001 ha, al contrario, sposato la diversa tesi della sussistenza della plusvalenza, poiché si è in presenza di cessione del contratto, come previsto espressamente all’art. 5 comma 2 succitato.
Secondo l’AdE, difatti, il diritto all’utilizzo esclusivo deve essere considerato un bene immateriale strumentale; trattasi di una immobilizzazione, poiché non esaurisce la propria utilità in un solo esercizio, ma manifesta i suoi benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi, assimilabile ai beni immateriali e, pertanto, ammortizzabile ai sensi dell’art. 68 D.P.R.n.917/1986.
Per le ragioni innanzi esposte, l’Agenzia delle Entrate ha concluso ritenendo che il compenso derivante dalla cessione del bene immateriale strumentale genera plusvalenza o minusvalenza; inoltre, il trasferimento di un calciatore rientra nella gestione ordinaria “accessoria” di una società sportiva; per tale ragione, nel conto economico le plusvalenze vanno indicate alla voce A n.5 “altri ricavi e proventi”, e non come proventi straordinari di cui alla voce del conto economico E 20.
I giudici di legittimità, nelle ordinanze in questione, hanno sottolineato che tale tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate è stata ritenuta corretta dal Consiglio di Stato che, nel parere n.5285/2012 dell’11-12-2012 ha ribadito che il contratto di lavoro degli atleti professionisti rappresenta un bene dotato di autonoma utilità economica, pertanto è suscettibile di negoziazione, in quanto le prestazioni sportive oggetto del contratto possono essere sfruttate anche da altre società sportive.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso incidentale proposto dalla società Alfa, atteso che nel caso di specie si è in presenza di plusvalenze che incidono sul reddito della società sportiva cedente ai fini IRAP.
La Suprema Corte ha stabilito che nel caso di cessione di calciatori “…non si verte in tema di plusvalenze “straordinarie”, ma di plusvalenze che derivano dalla gestione “ordinaria” della società sportiva, che si attua anche con la cessione dei contratti di prestazioni sportive, sicchè la questione risulta anche irrilevante”.
La Corte prosegue concludendo che “il trasferimento di un calciatore, infatti, è un atto che rientra nella gestione di una squadra di calcio, rappresentando un evento collegato all’attività ordinaria della società sportiva, sicchè le plusvalenze derivanti dall’alienazione di immobilizzazioni, quando la cessazione del bene costituisce un evento ordinario della gestione dell’impresa, fanno parte dei proventi ed oneri della gestione “ordinaria” accessoria..”. . Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si tratta di una decisione molto importante non solo per la ricostruzione storico-giuridica della questione, ma anche perché pone un punto fermo su una questione dibattuta per cui “nel conto economico di cui all’art.2425 c.c. le plusvalenze di questa tipologia vanno imputate alla voce “valore della produzione” A5 “ricavi e proventi” e non alla voce E “proventi ed oneri”.
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