Discriminazione e danni punitivi. Miami: violati i diritti religiosi, 21 milioni di dollari a una lavapiatti.
22 Gennaio 2019 da dagata
Discriminazione e danni punitivi. Miami: violati i diritti religiosi, 21 milioni di dollari a una lavapiatti. La 60enne, membro di una chiesa missionaria, è stata costretta a lavorare di domenica
In alcuni paesi, diversi dal Nostro, la Giustizia è implacabile e quando si tratta di discriminazione nei confronti dei più deboli si dimostra in tutta la sua autorevolezza attraverso la liquidazione di danni cosiddetti “punitivi”, una categoria che non ha mai trovato spazio in Italia, se non solo attraverso qualche minimo accenno giurisprudenziale, perché le lobby si sono sempre opposte e ne temono l’eventuale applicazione. Ecco perché, per Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, appare particolarmente rilevante quanto accaduto a Miami, Florida, dove ad una lavapiatti di un albergo è stato riconosciuto un risarcimento di oltre 21 milioni di dollari per violazione dei diritti religiosi perché costretta a lavorare di domenica, giorno di messa. Secondo quanto scrive il Miami Herald, Marie Jean Pierre, 60 anni e madre di sei figli, aveva lavorato per l’hotel dal 2006 al 2016. La direzione era al corrente che, come membro di una chiesa missionaria, non avrebbe potuto lavorare di domenica e per alcuni anni le fu concesso di saltarla. Poi nel 2015 il manager delle cucine, apparentemente ignorando la sua fede religiosa, le assegnò i turni domenicali e di fronte al suo rifiuto di lavorare fu licenziata. Nel 2017 la donna decise di fare causa e ora il giudice ha condannato l’albergo a pagare 36mila dollari in salari persi, 500mila per averle causato disagi psicologici e ben 21 milioni come risarcimento. Una decisione esemplare che dovrebbe far riflettere chiunque, invitarci tutti a rispettare le credenze altrui e che ovviamente non è ripetibile in Italia, dove seppur sussiste una legislazione antidiscriminatoria sui luoghi di lavoro, la stessa non solo non viene sempre applicata ma non comporta conseguenze così rilevanti come quelle che ha potuto sopportare il datore di lavoro americano.
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