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Dalla Slovenia segnalata la presenza di arsenico oltre i limiti nel riso arborio italiano. Scatta l’allerta del RASFF

18 Agosto 2024 da dagata

Dalla Slovenia segnalata la presenza di arsenico oltre i limiti nel riso arborio italiano. Scatta l’allerta del RASFF

Un richiamo altro nella UE per un prodotto italiano contaminato. Si tratta del Riso Arborio venduto sugli scaffali di Mercator, una multinazionale slovena operante nel settore della grande distribuzione organizzata di alimentari e beni di largo consumo, a marchio Curti srl prodotta nello stabilimento di via Stazione, 113, a Valle Lomellina in provincia di Pavia. Nello specifico si tratta del lotto L:P24060C25, con TMC del 27.06.2026, codice EAN: 3838900952887 venduto nella confezione di 1 kg. Tale lotto venduto al taglio, è stato posto in vendita in Slovenia nella catena della grande distribuzione Mercator. Lo comunica l’UVHVVR , l’agenzia slovena per la sicurezza alimentare che è stata informata dall’operatore del settore alimentare responsabile dei risultati dei propri controlli, che hanno confermato un superamento del valore limite prescritto per l’arsenico contaminante. L’operatore del settore alimentare responsabile ha avviato la procedura di ritiro/richiamo. L’allerta di rischio serio, è stata lanciata anche dal sistema RASFF con la notifica 2024.6277 del 16 agosto 2024. Al momento non si hanno notizie su lotti commercializzati nel nostro Paese. Ricordiamo che l’Evira, l’Agenzia finlandese per la sicurezza alimentare, e più in particolare alcuni suoi ricercatori hanno pubblicato una ricerca sulla rivista Food Chemistry, che riguarda l’incidenza sull’alimentazione dell’arsenico “inorganico”. Ed i dati non sono rassicuranti. Gli scienziati hanno valutato l’esposizione della varie fasce della popolazione a partire da un alimento comune, consumato in quantità anche elevate e per periodi prolungati di tempo: il riso. Vi è da precisare che la presenza di questa sostanza nel riso non è in quanto tale considerata un rischio assoluto, almeno in base ai dati statistici che in Europa sono disponibili tramite la raccolta DATEX, che grazie all’EFSA, l’agenzia europea di settore, che nel 2010 ha rivelato i risultati circa le principali fonti alimentari di arsenico. Già all’epoca si evidenziò che alghe, pescato, spezie, erbe e alcuni alimenti per l’infanzia contenessero alti livelli del metallo pesante. Allo stesso tempo, si sottolineava come la forma maggiormente presente nel pesce fosse quella organica, assai meno pericolosa della inorganica. In seguito, l’EFSA ha sottolineato come grano, pane, latte, riso e latticini, insieme all’acqua potabile, fossero le principali fonti alimentari di arsenico. Ma veniamo al riso ed allo studio finlandese. Questa preziosa fonte alimentare alla base della dieta di molti paesi, ma assai diffuso anche in Europa, conterrebbe naturalmente un valore di arsenico maggiore rispetto ad altri raccolti o piante, per una duplice ragione: la sua naturale attitudine di assorbirlo e metabolizzarlo, ma soprattutto per la presenza retrostante di siti agricoli contaminati. Nel riso l’arsenico è presente per lo più nella forma inorganica. Basti pensare che se la Cina ha fissato un livello massimo per l’arsenico inorganico pari a 0,15 mg/kg di riso, i ricercatori finlandesi sono arrivati a rilevare per il riso finlandese (8 marche acquistate nei supermercati), valori di arsenico da 8 mg/kg a 65 mg /kg. Circa un 20% della popolazione finlandese in età lavorativa consuma 60-80 grammi di riso al giorno. Le donne ne consumerebbero un pò meno: ma proprio per tali ragioni il riso può davvero rappresentare un rischio a lungo termine per la salute, se si considera che l’arsenico inorganico favorisce il cancro alla prostata, al polmone e alla pelle.I risultati comunque, basati su una stima “scenario peggiore” (consumi più elevati del riso più contaminato) fanno pensare a possibili rischi per la popolazione finlandese.C’è da dire però che tali dati non devono creare allarme, perchè la ricerca è incompleta nello specificare un aspetto centrale: la provenienza del riso. Ciò perché, come evidenziato nello studio, la contaminazione dipende in buona parte dai terreni su cui viene coltivato. Tuttavia dal campionamento effettuato dal produttore in data 2 agosto 2024, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” è emerso che la presenza di metalli pesanti era di 0,188 mg/kg di sostanza secca a fronte di 0,15 mg/kg – ppm. Si consiglia, dunque, ai consumatori di non consumare la partita di cibo contestata, ma di restituirla al luogo di acquisto o di buttarla.

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