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Vacanza rovinata da inquinamento acustico? Il Comune paga il danno

14 Luglio 2024 da dagata

Vacanza rovinata da inquinamento acustico? Il Comune paga il danno. Villeggianti risarciti per il mancato godimento della seconda casa. Troppo rumorosi gli spettacoli notturni. Anche l’ente deve rispettare le regole: l’interesse pubblico non prevale sul diritto del privato

L’inquinamento acustico è una realtà che spesso si è costretti a sopportare, ma nel caso in cui la situazione diventa intollerante si configura il risarcimento dei danni. Anche il Comune, infatti, paga il danno da vacanza rovinata. Sono risarciti i villeggianti che non hanno potuto godere della seconda casa di cui sono proprietari perché l’amministrazione locale organizza in piazza spettacoli estivi che durano fino a tarda notte, rendendo difficile il soggiorno nella località balneare: troppo rumorosi i concerti, anche se il regolamento comunale consente di arrivare a 70 decibel, perché in materia d’immissioni acustiche la tollerabilità deve essere valutata caso per caso. E il fatto che la rassegna estiva sia d’interesse pubblico non giustifica di per sé il sacrificio del diritto del privato oltre il limite della normale sopportazione. È quanto emerge dall’ordinanza 18676/2024 pubblicata il 9 luglio 2024 dalla terza sezione civile della Cassazione. Diventa definitiva la condanna del Comune di Albissola Marina, sulla riviera ligure: risarcirà 3 mila euro a una coppia lombarda che non ha potuto godere dell’appartamento da loro destinato a residenza estiva. L’immobile si affaccia sulla piazza principale del paese dove l’amministrazione organizza eventi, ma fra l’allestimento dei palchi e gli spettacoli fino a tardi le immissioni sonore risultano intollerabili. Anzi, il giudice del gravame aumenta il risarcimento fissato in primo grado a soli mille euro: il ristoro deve essere integrale e non limitato ai soli giorni di «effettivo probabile utilizzo» dell’immobile perché va considerato che la seconda casa risulta comunque inutilizzabile per i proprietari. Ad avviso dei giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno spiegato che “Non è vero che, per verificare se le feste di piazza fanno o no un rumore insopportabile, i giudici del merito avrebbero utilizzato la consulenza tecnica d’ufficio che fa riferimento al decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 14/11/1997, laddove il provvedimento riguarda i valori limite delle sorgenti sonore nelle attività produttive e non le manifestazioni culturali e gli spettacoli. I limiti indicati dai singoli regolamenti, compreso quello approvato dal Comune sono puramente indicativi: la tollerabilità delle immissioni deve essere verificata tenendo conto di luoghi, orari, caratteristiche della zona e abitudini degli abitanti. Pure l’ente pubblico deve sottostare all’obbligo di non provocare rumori insopportabili e risponde dei danni ai diritti soggettivi dei privati causati dalle immissioni provenienti da aree pubbliche. E può dunque essere condannato a ricondurre le emissioni entro la soglia di normale tollerabilità oltre che a risarcire: la domanda non investe un atto discrezionale dell’ente ma un’attività materiale soggetta a responsabilità extracontrattuale. Con la sentenza 14209 del 23-05-2023, ad esempio, un Comune ha pagato i danni ai residenti che non riuscivano a dormire per gli schiamazzi della movida”.

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