Banca centrale di Norvegia, che flop: brucia 174 miliardi nel primo semestre 2022
21 Agosto 2022 da helly
Negli ultimi mesi le banche centrali di tutto il mondo sono al centro dell’attenzione, per via del fatto che si trovano strette tra due fuochi. Da un lato c’è lo spettro della recessione, dall’altro la corsa folle dell’inflazione.
Ma la Norges Bank – ossia la banca centrale del paese scandinavo – è finita sulle prime pagine per il pessimo risultato del suo fondo petrolifero sovrano, capace di bruciare ben 174 miliardi di dollari nel primo semestre di quest’anno.
La figuraccia della banca centrale
Il fondo è un colosso da 1200 miliardi di dollari, nato 20 anni fa per reinvestire i proventi della fiorente industria petrolifera norvegese, ma che da un po’ non investe più nel petrolio da cui era nato.
La terribile performance del primo semestre 2022 è la peggiore perdita nominale mai registrata. Inoltre, a causa di questo clamoroso flop, la Norges Bank ha bruciato anche tutto quello che aveva guadagnato nell’intero 2021.
La presenza vastissima del fondo
Il fondo petrolifero norvegese è un vero colosso in questo ambito, giacché vanta partecipazioni in oltre 9mila società e possiede l’equivalente dell’1,5% di tutte le società quotate nel mondo.
La sua presenza si estende anche in Italia, dove il fondo della banca centrale norvegese possiede piccole quote ben ramificate in tutti i settori. Dalle utilities come A2a, Saipem, Snam, Hera, Erg, Terna ma anche Amplifon e Diasorin, passando per i titoli del lusso e anche le banche (peraltro il settore tra i più comprati dal fondo norvegese). Ma partecipazioni le possiede anche sul FTSE londinese, sull’indice DAX tedesco, sul CAC francese.
Rendimenti pessimi
Finora è sempre stato una miniera d’oro e nessuno si sarebbe mai sognato piazzare un ordine stop sell, ma stavolta ha fatto cilecca, registrando un rendimento negativo del 14,4% nel periodo gennaio-giugno (Lo scorso anno il fondo aveva avuto un ritorno positivo del 14,5%.).
A peggiorare ulteriormente la brutta figura è il fatto che dei settori sui quali aveva puntato se n’è salvato soltanto uno, ossia quello dell’energia. Tutti gli altri hanno accusato perdite.
L’amministratore delegato Nicolai Tangen ha giustificato questo flop colossale con lo scenario globale, fatto di tassi di interesse in aumento, inflazione elevata e guerra in Europa. Ha inoltre sottolineato l’impatto soprattutto dei titoli tecnologici, che hanno registrato un rendimento inferiore al 28%.
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