Inflazione cruciale per le banche centrali ma secondaria per i mercati
17 Dicembre 2021 da helly
Negli ultimi mesi si è parlato tanto delle politiche monetarie delle banche centrali. Più precisamente, si dibatte sull’opportunità o meno di ritirare gli stimoli che sono stati necessari per assorbire l’impatto della pandemia, di fronte a una crescita senza precedenti dell’inflazione.
Banche centrali e inflazione
Se consideriamo la Federal Reserve, ossia la più importante delle banche centrali, senza dubbio considera l’inflazione il dato più rilevante (assieme a quello del lavoro) per determinare il proprio indirizzo di politica monetaria.
Eppure malgrado la crescita dei prezzi continui da mesi ad essere molto più alta della soglie di attenzione del 2% (quella attesa arriva al 6%, con una deviazione standard enorme), soltanto adesso si parla di tapering, ossia della riduzione di acquisti titoli. Invece rimane ancora più distante nel tempo l’aumento dei tassi di interesse.
Fenomeno temporaneo e strutturale
All’inizio tutto ciò è stato giustificato con la presunta temporaneità dell’inflazione. In pratica la FED – e anche altre banche centrali – invitavano a non preoccuparsi dell’inflazione, perché le sue fiammate si sarebbero riassorbite da sole. Ma negli ultimi tempi questa retorica è stata abbandonata, perché si è capito che era inesatta.
Eppure, nonostante il cambio di prospettiva, i mercati sembrano non essersene curati granché.
Perchè? Come mai l’inflazione transitoria o strutturale è un fattore di importanza secondaria per chi investe?
La politica monetaria conta di più
Il fatto è che l’inflazione è interessante soltanto entro certi limiti. Anzitutto perché chi investe nei mercati, se lo fa in beni reali o con sottostante reale (case, ad esempio), ha già una naturale protezione contro le tendenze inflazionistiche. In secondo luogo perché più dell’inflazione, chi opera sui mercati finanziari guarda soprattutto alle politiche monetarie.
Se queste rimangono espansive (o iper-espansiva come negli ultimi mesi), allora un fiume di liquidità innaffia i mercati e questi continuano a festeggiare e salire (soprattutto l’azionario).
La prudenza dei banchieri centrali
Probabilmente proprio per questo motivo, gli stessi banchieri centrali sono molto cauti nell’annunciare la riduzione degli stimoli. Hanno infatti il timore di provocare dei forti contraccolpi, e che la paura che la pacchia finisca si disperda come le onde di Wolfe Wave.
Guardando il rovescio della medaglia, si può dire che l’inflazione per i mercati è importante solo nella misura in cui influenza le politiche monetarie delle Banche centrali, e al momento queste due variabili sembrano essere diventate de-correlate.
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