Farmaco contro il cancro dal “fungo bruco” dell’Himalaya?
16 Ottobre 2021 da dagata
Farmaco contro il cancro dal “fungo bruco” dell’Himalaya? I primi studi clinici mostrano “segni incoraggianti di attività antitumorale e stabilizzazione prolungata della malattia” dello “yartsa gunbu” o fungo-bruco
Nella varietà di flora e fauna presente nel singolare eco-sistema dell’altopiano Qinghai-Tibet, nella Cina sud-occidentale, si trova una specie particolarmente affascinante: si tratta del cosiddetto “yartsa gunbu” o ‘fungo-bruco’. In inverno fa parte della specie animale, ed è una larva, mentre in estate diventa un elemento della flora e si trasforma in fungo. Recentemente è stato scoperto che un nuovo tipo di chemioterapia derivata da una molecola trovata in questo fungo himalayano è un potente agente antitumorale e potrebbe in futuro offrire una nuova opzione di trattamento per i malati di cancro. NUC-7738, scoperto dai ricercatori dell’Università di Oxford in collaborazione con l’azienda biofarmaceutica con sede nel Regno Unito NuCana, è ancora in fase sperimentale e non è ancora disponibile come farmaco antitumorale, ma i risultati dei recenti studi clinici suggeriscono un risultato preventivo efficace sul farmaco candidato. Il principio attivo di NUC-7738 è chiamato cordicepina, che è stato trovato per la prima volta nel fungo parassita “Ophiocordyceps sinensis” o “yartsa gunbu” (noto anche come fungo bruco perché uccide e mummifica la larva di falena), usato come fitoterapia nella medicina tradizionale cinese. La cordicepsina, nota anche come 3′-deossiadenosina (o 3′-dA), è un analogo naturale di un nucleoside, che è stato riportato nello studio per avere una serie di effetti antitumorali, antiossidanti e antinfiammatori, il che giustifica perché il fungo è talvolta chiamato il parassita più prezioso al mondo. La cordicepina naturale estratta da O. sinensis ha tuttavia i suoi svantaggi, compreso il fatto che viene rapidamente scomposta nel flusso sanguigno – con un’emivita plasmatica di 1,6 minuti – dall’enzima adenosina deaminasi, o ADA. Mostra anche uno scarso assorbimento nelle cellule, il che significa che l’effettiva potenza della molecola contro le cellule tumorali nel corpo è significativamente ridotta. Per aumentare il potenziale della cordicepina come agente antitumorale, NUC-7738 sfrutta molti vantaggi meccanici, consentendogli di entrare nelle cellule indipendentemente dai trasportatori di nucleosidi, come il trasportatore di nucleosidi equilibrativo umano 1 (hENT1). A differenza della cordicepina naturale, NUC-7738 non si basa su hENT1 per accedere alle cellule e altri adattamenti molecolari significano che è preattivato (aggirando la necessità dell’enzima adenosina chinasi) ed è anche resistente alla rottura circolatoria. protezione integrata da ADA. Secondo un nuovo studio su NUC-7738, questi cambiamenti rendono le proprietà antitumorali del farmaco candidato fino a 40 volte più potenti della cordicepina quando testato su un numero di linee cellulari tumorali umane. Inoltre, i primi risultati del primo studio clinico di NUC-7738 nell’uomo sembrano essere finora positivi. Lo studio di Fase 1, iniziato nel 2019 e continua, ha finora coinvolto 28 pazienti con tumori avanzati resistenti alla terapia convenzionale. Ad oggi, dosi incrementali settimanali di NUC-7738 somministrate a questo gruppo sono tollerate da pazienti che hanno mostrato “segni incoraggianti di attività antitumorale e stabilizzazione prolungata della malattia”, hanno affermato i ricercatori nel loro studio. “Questi risultati forniscono la prova che NUC-7738 supera i meccanismi di resistenza al cancro che limitano l’attività 3D-dA e supportano un’ulteriore valutazione clinica di NUC-7738 come nuovo trattamento del cancro”.Sebbene sia certamente un principio promettente, ci vorrà ancora del tempo prima che NUC-7738 diventi disponibile per i pazienti fuori dallo studio. La pianificazione dello studio di Fase 2 è attualmente in corso, poiché la sicurezza del farmaco è stata dimostrata in modo più dettagliato ed è stato determinato il regime raccomandato per i pazienti di Fase 2. I risultati dello studio, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, sono riportati nella rivista medica oncologica Clinical Cancer Research. A oggi il fungo-bruco non è mai stato coltivato artificialmente. Scavare nel suolo per trovarli naturalmente è il solo modo di raccogliere questo prezioso fungo più costoso dell’oro. Per proteggerlo, il Qinghai e il Tibet hanno avviato un sistema di licenze per limitare il numero dei raccoglitori. Lo stesso vale per lo Yunnan. L’eccessivo sfruttamento del fungo-bruco ne sta causando il sempre più raro ritrovamento, tanto che la specie potrebbe giungere al limite del rischio di estinzione se non saranno prese efficaci misure di prevenzione.
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