“VeneziePost”, editoriale dell’avvocato Massimo Malvestio: Unicredit e Libia, il caso del 2010
21 Maggio 2021 da articolinews
Nel 2010 l’ingresso dei fondi libici in Unicredit, il punto dell’avvocato Massimo Malvestio nell’editoriale scritto per “Nordesteuropa”: “Difficile pensare che si possa avere una forte presenza internazionale senza aprire l’azionariato ad investitori esteri”.
La grande Unicredit non può chiudere le porte agli stranieri: l’editoriale del 2010 di Massimo Malvestio
Nel 2010 le notizie sull’ingresso del fondo sovrano libico LIA (Lybian investment Authority) nel capitale dell’istituto bancario fecero discutere l’opinione pubblica, scatenando un vero e proprio terremoto che il 21 settembre di quell’anno portò alle dimissioni dell’allora Amministratore Delegato, sfiduciato dalla maggioranza del CdA per la mancata comunicazione dell’avvenuto acquisto delle nuove azioni societarie. Lo spauracchio dell’invasione da parte di Gheddafi e dei libici agitò non pochi animi, anche in virtù della partecipazione al suo capitale di istituti e casse di risparmio italiane tra cui la Fondazione CariVerona e Fondazione Cassamarca. Proprio sul loro ruolo in questa delicata questione si espresse l’avvocato Massimo Malvestio nell’editoriale scritto per “Nordesteuropa” nel luglio 2010 e ripreso oggi anche da “VeneziePost”: secondo l’attuale Presidente di Praude Asset Management Limited, la “fondamentale” importanza di Unicredit “per l’economia nazionale e di più ancora per quella veneta dove ha ereditato la storia centenaria della Casse di Risparmio di Verona, Vicenza Belluno oltre a quella di Treviso” avrebbe potuto fornire “una spiegazione plausibile, se non convincente” al fatto che entrambe “abbiano continuato a mantenere la gran parte del loro patrimonio concentrata nell’investimento in azioni Unicredit”. Ma i numeri nei due anni precedenti sembravano indicare altro come fa emergere Massimo Malvestio: “Per l’esercizio 2008 l’Unicredit non ha distribuito nessun dividendo in contanti e anche il dividendo 2009 è stato di poco più di un decimo del dividendo 2007. Un trauma per entrambe le fondazioni ed ancor maggiore per Treviso che aveva assunto, confidando in sorti sempre magnifiche e progressive, impegni novantanovennali con l’università di Padova”.
Investitori esteri e azionariato: le riflessioni di Massimo Malvestio, oggi Presidente di Praude Asset Management Ltd
“Le fondazioni dovrebbero avere, per legge, una politica di investimento volta alla prudente conservazione del patrimonio e quindi, attraverso un altrettanto prudente diversificazione dei rischi e delle fonti di entrata, garantire un flusso costante di redditi da impiegare nel territorio”, osserva quindi l’avvocato Massimo Malvestio nell’editoriale ricordando inoltre che “quando a marzo 2009, nel bel mezzo della crisi che ha investito i mercati mondiali, l’Unicredit si è trovato nella condizione di dover chiedere il sostegno dei propri azionisti”, anche le fondazioni socie si trovavano ad affrontare l’emergenza. “La fondazione di Verona dopo avere annunciato al mercato che avrebbe partecipato alla sottoscrizione degli strumenti subordinati ibridi emessi da Unicredit per rafforzare il patrimonio di vigilanza improvvisamente si tirò indietro e non ritenne neppure di doversi diffondere in spiegazioni”: insomma, secondo l’avvocato, se non fossero arrivati i libici a sostituire la fondazione di Verona, le conseguenze avrebbero potuto essere assai gravi. “Difficile pensare che si possa avere una forte presenza internazionale senza aprire l’azionariato ad investitori esteri”, sostiene quindi Massimo Malvestio: “È vero che avere due investitori arabi come primi azionisti di quelle che un tempo erano le nostre casse di risparmio deve dar da pensare. È anche vero però che da un lato questi investitori rafforzano la stabilità della banca essendo dotati, a differenza delle fondazioni, di ingenti risorse per sostenerla e dall’altro lato ci si deve chiedere se per le fondazioni la perdita di patrimonio e di peso nella banca non sia altro che il frutto, giunto a maturazione, di scelte a suo tempo prese nel consenso quasi generale”.
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