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Scoperto l’odore della malaria. “Annusando” le molecole liberate dalla pelle è possibile riconoscere la malattia quando ancora non compaiono i sintomi.

19 Maggio 2018 da dagata

Scoperto l’odore della malaria. “Annusando” le molecole liberate dalla pelle è possibile riconoscere la malattia quando ancora non compaiono i sintomi.

Un team di ricercatori del Politecnico federale di Zurigo ha scoperto l’odore della malaria. Dopo la mappa genetica della malattia, adesso è possibile riconoscerla “annusando” le molecole liberate dalla pelle quando ancora non compaiono i sintomi ma che permettono di riconoscere l’infezione. Dopo essere stato riconosciuto nei topi, l’odore della malaria è stato rilevato adesso in una ricerca condotta in Africa, su gruppi di bambini in Kenya, alcuni dei quali con i sintomi della malaria e altri nello stadio iniziale. Coordinati da Consuelo De Moraes, i ricercatori hanno raccolto le sostanze volatili emesse dalla pelle, incanalandole attraverso correnti d’aria verso speciali “nasi chimici”, i gas cromatografi, in grado di assegnare a ciascuno di essi una precisa firma. “L’odore della malaria – ha detto De Moraes – non è dovuto alla presenza o assenza di specifiche molecole, ma a cambiamenti nella concentrazione di composti presenti anche nelle persone sane”. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) aggiornati al 2016, la malaria infetta ogni anno nel mondo circa 200 milioni di persone, causando centinaia di migliaia di vittime, soprattutto tra i bambini con meno di 5 anni. Per i ricercatori, i cambiamenti nell’odore associati alla malaria rendono le persone infettate più “appetibili” al plasmodio (Plasmodium falciparum), favorendo così la trasmissione della malattia. “Individuarne l’odore – ha concluso De Moraes – potrà quindi aiutare a ridurre la diffusione della malattia”. Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, questa scoperta, potrà essere la base di futuri test per la diagnosi precoce della malaria, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo dove l’infezione è più diffusa. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas.

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