Incidenti in spiaggia. Capriola in acqua e tuffi, attenti si rischia la paralisi!
6 Agosto 2015 da dagata
Incidenti in spiaggia. Capriola in acqua e tuffi, attenti si rischia la paralisi! Sono fra le maggiori cause di traumi che portano alla tetraplegia e all’annegamento. Lo Sportello dei Diritti invita a prestare la massima attenzione ed ai genitori di impedirli ai figli.
La moda del tuffo proibito imperversa questa estate. Si sale su un cavalcavia, su uno scoglio e ci si butta di sotto, oppure dalla riva qualcuno è tanto pazzo da tuffarsi in acqua con una capriola magari facendosi immortalare dal cellulare degli amici che lo assistono. D’estate quasi ogni giorno vedi qualche ragazzo che sfida la sorte buttandosi in acqua senza aver prima valutato il fondale e cercando di emulare i professionisti, senza esserlo. Tra gli impavidi c’è qualche ventenne, ma per la maggior parte si tratta di adolescenti, che per spavalderia e esibizionismo non temono di mettere in pericolo la loro vita. Da giovani ci si tuffa e basta, senza pensarci due volte senza valutare che il rischio è alto e latente. In Italia ogni anno circa 1.500 persone si fratturano la colonna vertebrale con conseguenza la paralisi, di cui sono 60 quelle che ogni estate rischiano di rimanere a vita su una sedia a rotelle per un tuffo. L’età media di chi subisce un grave trauma è tra i 10 e i 40 anni. Il danno al midollo spinale può essere improvviso, causato da incidenti che comprimono la spina dorsale e il midollo. Le cause più comuni sono incidenti stradali, sul lavoro, sportivi, ma soprattutto tuffi in fondali poco profondi. Gli incidenti da tuffo sono un fenomeno sconosciuto, eppure risultano essere la seconda causa di tetraplegia in Italia, dopo gli incidenti stradali. Spesso il trauma è grave, e il 69% dei ricoverati risulta in seguito essere tetraplegico. Lo ripeteremo sino alla noia,perché quando ci si introduce in acqua sia che si tratti di mare, lago, fiume o piscina è sempre bene fare molta attenzione altrimenti si rischia di passare conseguenze gravissime se non letali. A porre la questione sul “rischio tuffi” è Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” che consiglia di non sottovalutare i rischi connessi, troppo spesso determinati da negligenze, imperizie, distrazioni, ma anche da un certo esibizionismo che ci fa trascurare le più elementari regole dell’approcciarsi ai liquidi. Il problema essenziale é quindi anche di natura culturale ed educativo, perché sono soprattutto i giovani ad essere predisposti e a gareggiare in abilità quasi sfidandosi a chi salta dal punto più in alto o a chi riesce a fare le acrobazie più ardite senza alcuna preparazione tecnica se non quella accumulata con tentativi precedenti andati fortunatamente bene. Bene, perché troppo spesso si sottovaluta una questione fisica inoppugnabile: il pelo dell’acqua se non infranto rompendone preventivamente la tensione molecolare superficiale é un vero e proprio muro su cui ci si va a sbattere con conseguenze mai prevedibili che, come ripetuto, possono diventare drammi e portare sino alla tetraplegia e all’annegamento se si perde i sensi e si sta troppi istanti nell’acqua senza riprender fiato.É bene, infatti, per innalzare l’attenzione di tutti, ed anche di quanto accade nelle piscine pubbliche e private durante la stagione invernale, ricordare che i tuffi risultano statisticamente essere tra le cause principali di tetraplegia e di danni alla colonna vertebrale e che la sottovalutazione delle conseguenze é tra le principali cause di queste gravi lesioni tra i principianti e tra chi si improvvisa tuffatore. In ultimo, facciamo presente che i proprietari e i gestori delle piscine possono essere responsabili dei danni subiti dai bagnanti quando non gli informano correttamente e adeguatamente circa i pericoli conseguenti alla balneazione e quindi ai tuffi. Ad ogni modo ricordiamo che le misure di prevenzione più efficaci le portiamo dentro di noi: sono il buon senso e la conoscenza dei propri limiti.
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