Contro i licenziamenti collettivi promessi da Unipolsai
6 Gennaio 2015 da dagata
Contro i licenziamenti collettivi promessi da Unipolsai. Lo “Sportello dei Diritti” al fianco dei lavoratori del gruppo e con i sindacati per impedire uno scempio che sarebbe il primo nella storia del rapporto tra compagnie assicurative e dipendenti
Nel silenzio pressochè generale, UnipolSai ha da tempo preannunciato il licenziamento collettivo di ben 321 lavoratori. Ed ora che lo scorso 11 dicembre con una lettera in cui giudica concluso il confronto e si ritiene «libera di assumere le iniziative del caso», l’azienda ha di fatto rotto le trattative con i sindacati spianandosi la strada verso il recesso dei rapporti di lavoro con oltre trecento lavoratori che a breve potranno vedersi mandati a casa.
Di seguito, quindi, Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” riporta il comunicato a firma congiunta della Segreteria Nazionale e del “Coordinamento FNA Gruppo Unipol” del sindacato autonomo di categoria FNA che fotografa eloquentemente la situazione, confidando nella massima diffusione da parte della stampa nazionale perchè si conosca tempestivamente e prima della conclusione dell’incontro che si terrà in data odierna, quanto sta facendo nei confronti dei lavoratori un’azienda che si pone tra le leader del mercato assicurativo e che annovera nella sua tradizione uno spirito mutualistico che evidentemente sta per essere definitivamente messo da parte per far posto al bieco “sentimento” del profitto.
“UnipolSai si è posta l’obiettivo di fare un regalo natalizio alla categoria: i licenziamenti collettivi, mascherati dalla necessità di “eliminare” i lavoratori vecchi per “salvare” quelli giovani. Chiariamo che questo concetto potrebbe non essere assurdo, ma non è mai stato applicato da alcuna compagnia assicurativa italiana, neppure da quelle in crisi e che tutte le riorganizzazioni del settore sono sempre state effettuate con accordi con le organizzazioni sindacali che garantivano, sempre, la non applicazione della legge 223, indispensabile per effettuare i licenziamenti collettivi. Tutte le rappresentanze sindacali delle varie compagnie, su tutto il territorio nazionale, hanno sino ad oggi sempre rifiutato e lottato contro l’applicazione dei licenziamenti collettivi ed hanno sempre vinto. Lo spauracchio di un’applicazione unilaterale della legge 223, da parte delle compagnie, è sempre esistito, ma non è mai stata applicata perché le compagnie d’assicurazioni vendono fiducia ed un eventuale stato di crisi della compagnia con licenziamenti collettivi non è ipotizzabile che venga preso in considerazione dai vari managements, perché dichiarare lo stato di crisi di una compagnia equivale a dichiarare le dimissioni del gruppo dirigente. Uno degli elementi di maggior valore delle garanzie dei dipendenti direzionali è stato, fino ad ora, l’assenza di licenziamenti collettivi. Anche le compagnie più malmesse sul mercato hanno sempre evitato l’applicazione della legge 223 ed hanno fatto, con le Organizzazioni sindacali, accordi basati sulla volontarietà ed il ricorso a strumenti non traumatici.
Non ci risulta che UnipolSai sia un’azienda in crisi, ed i risultati del settore banca non giustificano allarmismi; nei primi nove mesi dell’anno la compagnia registra un utile netto consolidato di 593 milioni, in linea con l’obiettivo fissato nel piano industriale, nel 2013 e 2014 ha continuato ad assumere, ha dipendenti che effettuano un esorbitante numero di ore di straordinario, non favorisce la concessione del part time, non incentiva adeguatamente l’esodo volontario di coloro che non hanno requisiti per la pensione o per il fondo di solidarietà (così come fanno in genere le compagnie del settore) e non ha ancora avviato gli annunciati piani di riconversione professionale; inoltre nell’ultimo testo consegnato alle organizzazioni sindacali è previsto un documento allegato che riporta il numero di giovani (150) che UnipolSai si impegnerebbe ad assumere (forse è per pudore che questa clausola non è stata inserita nell’accordo di uscite obbligatorie?). L’estensione dell’accesso al fondo di solidarietà, a coloro che maturerebbero il requisito del pensionamento dopo il 2019, sarebbe uno strumento che aiuterebbe a raggiungere numeri superiori e senza traumi. A questo punto sorge naturale una domanda: dove sono gli esuberi? Ricordiamoci che la legge 223 prefigura un iter molto preciso per risolvere gli esuberi in modo non traumatico e che, solo alla fine di un confronto conseguente ad uno stato di crisi, è possibile iniziare le procedure di licenziamento, comunque mai applicate nelle compagnie d’assicurazioni italiane.
La F.N.A. non ritiene che ricorrano i presupposti per licenziare e che si cerchi l’avallo del sindacato per poter semplicemente allontanare i lavoratori più anziani, che sono solo più costosi: questa politica non è certamente nuova nel mercato assicurativo e viene chiamata svecchiamento ed è stata sempre condotta, sino ad oggi, con uscite volontarie incentivate. A fronte di una riorganizzazione che presenta alcune carenze, in cui sono stati scarsamente attesi i criteri stabiliti nell’accordo di fusione del 18 dicembre 2013, e non sono stati garantiti, tra l’altro, l’equilibrio quali-quantitativo delle attività tra le diverse piazze e la valorizzazione delle professionalità ivi presenti, assumerebbe un’importanza strategica l’estromissione dei famosi 321 esuberi (stranamente questo numero è rimasto immutato malgrado le diverse fuoriuscite degli ultimi mesi!) che, come agnelli sacrificali, consentirebbero finalmente di poter dare attuazione agli interventi di risanamento per il raggiungimento degli obiettivi aziendali di contenimento dei costi! Oltre a generare uno scontro generazionale, con conseguente divisione dei colleghi che favorisce soltanto l’azienda, vengono violati i diritti individuali dei lavoratori. Rammentiamo che questa manipolazione dei diritti apre una strada molto pericolosa e, una volta introdotto, il principio dell’obbligatorietà in futuro potrebbe colpire altre categorie di lavoratori, a partire dal prossimo piano industriale (2016), che potrebbe prevedere il “sacrificio” di un numero ben più elevato di colleghi: non solo quelli con i requisiti per la pensione o l’accesso al fondo di solidarietà, ma anche coloro che sono impiegati in attività non ritenute essenziali o esternalizzabili. UnipolSai ha, inoltre, da poco tempo acquisito il gruppo Fondiaria Sai, con ineccepibili capacità imprenditoriali, che hanno consentito un enorme balzo in avanti del Gruppo, non solo in termini di fatturato ma anche di profittabilità. Purtroppo, la dichiarata volontà di uscire dall’Ania, se non vengono conseguiti una ridefinizione degli organismi e la nomina di un nuovo Presidente, nonché la determinazione di introdurre, per primi nel settore, i licenziamenti collettivi segnano un cambio di marcia nella strategia tradizionale di Unipol che trova precedenti nell’operato di Marchionne in Fiat e nel Governo Renzi, a proposito dei Jobs Act.
Come organizzazione sindacale abbiamo sempre tutelato e continuiamo a tutelare, in tutte le compagnie, le ragioni e i diritti dei lavoratori di qualsiasi età e non possiamo, né vogliamo modificare o cedere diritti individuali.
Nel corso dell’incontro di domani (23 dicembre) con l’amministratore delegato, saremo disponibili a ricercare tutte le soluzioni che il buon senso ci potrà suggerire, ma saremo fermi rispetto ai valori che ci animano ed al patrimonio sociale e culturale che il settore ha saputo raggiungere“.
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