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Loom band e Rainbow loom sono un pericolo per l’ambiente?

27 Agosto 2014 da dagata

Loom band e Rainbow loom, i braccialetti fatti di elastici ed il telaietto fenomeno dell’estate 2014 sono solo innocui o nascondono pericoli e possibili danni all’ambiente?

 

Chi quest’estate camminando per le località turistiche o sulle spiagge non si è imbattuto in gruppi di bambini intenti ad intrecciare con le proprie ditine o con un telaietto coloratissimi elastici per formare braccialetti e gadget dai colori dell’arcobaleno da mettere al polso di loro stessi e dei propri genitori? Si tratta dei ‘loom band’ ed il relativo telaio che non sono altro che, rispettivamente braccialetti fatti di piccoli cerchi di plastica elastica colorata ed il semplice marchingegno per comporli.

Sembrerebbe un innocuo e divertente passatempo per bambini e non, un vero e proprio fenomeno dell’estate 2014, ma anche una nuova moda giacchè sono stati avvistati al polso di vip come Harry Styles della boy band One Direction, ma persino al braccio della duchessa di Cambridge, Kate Middleton. E persino a quello della più attempata duchessa di Cornovaglia, Camilla, così per dimostrare che non conoscono età.

Il fenomeno nasce negli Usa nel 2013, poco dopo il lancio sul mercato da parte dell’ideatore Cheong Choon Ng, una malese immigrato negli Stati Uniti ed ex dipendente Nissan, che mentre osservava la figlia dedicarsi alla manifattura di braccialetti gli venne la felice idea di inventare e brevettare il telaio che ha conosciuto poi una diffusione globale. Con un investimento di circa 10 mila dollari il ritorno economico è stato così ingente da non essere ancora quantificabile tanto che la società da questi fondata ha dovuto intentare diverse cause per violazione del brevetto.

A distanza dal lancio sul mercato, ossia un anno dopo è difficile non trovare bambini e ragazzini a partire da 4 – 5 anni che non abbiano neanche un braccialetto, o che non sappiano come crearli.

Anche perchè al di là dei piccoli uncini di plastica, ganci o del telaio brevettato, molti si cimentano con la semplice manualità, e quindi senza bisogno di alcun tipo di aiuto o supporto: in rete ci sono persino dei tutorial che dimostrano com’è semplice realizzarli. Si infilano tre piccoli elastici di plastica intorno a indice e medio della mano (il primo della serie che ‘formi un otto’), e poi via, si parte a chiudere elastici su se stessi fino a che il braccialetto prende forma.

Eppure, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, sono bastate poche settimane dall’inizio dell’estate 2014 perché già da subito s’innescassero una serie di polemiche intorno a questo fenomeno. Infatti, mentre cresce il numero di chi li indossa o di chi li realizza aumenta parallelamente il novero di chi, a ragione, s’interroga circa i potenziali pericoli ed i rischi per i piccini e per l’ambiente, dapprima per paura degli effetti dell’apparentemente innocuo procedimento di realizzazione sulla circolazione del sangue e poi per i possibili danni ambientali: i braccialetti venduti sinora sono, infatti, fabbricati con plastica non riciclabile.

Venendo al primo punto c’è da segnalare il caso di un bambino balzato agli onori delle cronache inglesi che si è addormentato mentre stava costruendo un braccialetto con gli elastici avvolti intorno alle dita: la madre lo ha ritrovato con la mano blu e lo ha dovuto portare all’ospedale. Al di là di quest’episodio, molti genitori hanno sollevato dubbi circa i pericoli di soffocamento, specie tra i più piccoli, che sono soliti utilizzare anche la bocca mentre si adoperano nel costruire i loom band.

La polemica Oltremanica si è estesa anche alle scuole, dove insegnanti, presidi e genitori agguerriti hanno messo al bando il loom band, perché pericolosi, perchè distraggono i bambini e troppo spesso vengono abbandonati per terra. Analoghe diatribe erano accadute in Usa già nel 2013.

Il problema più serio è in realtà quello dello smaltimento: è sempre più comune trovare braccialetti, collane, orecchini di loom band gettati a terra, non solo nelle scuole ma con l’espansione del fenomeno anche per le città.

«Con il lavaggio delle strade», ha spiegato la giornalista Lucy Siegle dalle colonne del giornale inglese the Guardian, «i loom band finiscono nei tombini, e vanno dritti dritti al mare».

I piccoli elastici di plastica sarebbero considerati all’estero già alla stregua di una vera e propria bomba ecologica pronta a esplodere non appena saranno passati di moda e la gente se ne vorrà liberare: il pericolo è per gli animali domestici, come cani e gatti, che rischiano di ingoiare i bracciali gettati a terra, ma anche per la fauna marina.

E se per rimediare a parte dell’inquinamento ambientale basterebbe un comportamento più civile, il problema dello smaltimento dei loom band resta: la plastica sintetica e fatta di silicone di cui sono composti non è riciclabile.

Una soluzione, secondo la giornalista inglese, sarebbe proprio quella di iniziare a utilizzare un materiale diverso, una plastica smaltibile e a basso impatto ambientale come quella prodotta da alcuni surfisti della Patagonia, chiamata 605 Yulex Biorubber, e prodotta dalla pianta guayaule tipica del deserto di quello Stato.

Il materiale sarà in vendita nel Regno Unito da settembre, al costo di 500 sterline: troppo perché spopoli come gli attuali loom band, venduti sulle strade inglesi al prezzo di 1 pound (circa 1,2 euro) per 600 piccoli elastici.

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