Enrico Dal Covolo: “Proseguiremo il rinnovamento della nostra Università”
20 Aprile 2014 da DailyFocus
ntervista a Mons Enrico Dal Covolo, s.d.b. Magnifico Rettore della Pontificia Università Lateranense. A Mons Dal Covolo è stata affidata quella che a titolo del tutto speciale è l’Università del Papa. Al Rettore sta molto a cuore quella che definisce l’“emergenza educativa”, la stessa a cui don Bosco cercava di porre rimedio con la sua azione presso i ragazzi, ai quali si premurava di trasmettere in primo luogo una solida formazione cristiana di base.
Il 30 giugno 2010 Benedetto XVI nominava un salesiano, monsignor Enrico Dal Covolo, Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense. Docente Ordinario di Letteratura cristiana antica greca presso la Pontificia Università Salesiana e Membro Ordinario della Pontificia Accademia di Teologia, ha curato numerose pubblicazioni di carattere scientifico, soprattutto nell’ambito dei rapporti tra la Chiesa e l’Impero, fino alla cosiddetta “svolta costantiniana”. Ma è forse ancora più rilevante in questa sede mettere in evidenza la stretta consonanza spirituale che lega il santo fondatore dei salesiani, san Giovanni Bosco, e il magnifico rettore, e non tanto e non solo perché appartenenti al medesimo ordine, ma per la straordinaria sintonia della comune vocazione all’educazione dei giovani, che mutatis mutandis il santo esercitò nella Torino del suo tempo raccogliendo i ragazzi di strada, per i quali fu padre, guida e amico. A monsignor Dal Covolo, invece, è stata affidata quella che a titolo del tutto speciale è l’università del Papa. E’ interessante notare poi che al Rettore sta molto a cuore quella che lui definisce l’“emergenza educativa”, la stessa a cui don Bosco di fatto cercava di porre rimedio con la sua azione presso i ragazzi, ai quali si premurava di trasmettere in primo luogo una solida formazione cristiana di base, e poi tutto il resto.
Nei suoi interventi lei spesso parla di “emergenza educativa”: ci può dire qualcosa di più al riguardo?
Come è noto, l’espressione “emergenza educativa” è stata “lanciata” dal Vescovo di Roma alla sua Diocesi e alla sua Città in una Lettera, ormai famosa, del 21 gennaio 2008. Moltissime agenzie, di ogni genere e tendenza, hanno ripreso tale espressione. La Conferenza Episcopale Italiana, da parte sua, ne ha ricavato gli Orientamenti Pastorali 2010-2020 con questo titolo: Educare alla vita buona del Vangelo. Ora, dopo aver visto l’ingente bibliografia sul tema, a me sembra che la cosa più importante da ritenere sia questa: che l’emergenza educativa non debba essere considerata come una fatalità calamitosa, che alla fine ammazza la speranza (e dunque le capacità di intervento) dell’educatore. Essa va colta piuttosto come un’opportunità provvidenziale, che impone di calibrare meglio i contenuti e i metodi dell’educazione, di fronte alle peculiarità culturali e sociali del momento presente. Affaccio solo, senza approfondirli, tre esempi di “opportunità” da sfruttare, in questa emergenza educativa: a) studiare il profilo dell’adolescente e del giovane d’oggi, senza limitarsi alle diagnosi (per lo più negative), ma cercando di valorizzarne gli aspetti positivi emergenti; b) esaminare il rapporto tra educazione e comunicazione, considerando l’importanza del tutto eccezionale che rivestono oggi i mezzi di comunicazione, e considerando altresì il fatto che – a fronte di tanta comunicazione – c’è un deserto di solitudine giovanile, punteggiato da fenomeni macroscopici di suicidi e di gravissima emarginazione; c) comprendere e analizzare le ragioni della protesta giovanile, cioè il fenomeno dei giovani indignados, così come ha iniziato a fare il Papa nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2012, n. 1.
Si tratta quindi di una sfida cruciale per i nostri tempi, alla quale lei, in quanto responsabile di un’università, che è anche l’università del Papa par excellence, come intende rispondere?
Partendo da un elementare principio teologico, che è poi un principio di buon senso: non si può pretendere di cambiare gli altri, se prima noi stessi non siamo disposti a cambiare. Quindi ci siamo impegnati a perseguire un coraggioso rinnovamento della nostra università, di cui in più occasioni ho avuto modo di parlare, delineandone le istanze programmatiche e gli aspetti operativi salienti. Ci conforta molto che proprio il santo Padre il 30 giugno scorso, durante la cerimonia di premiazione dei vincitori della prima edizione del “Premio Ratzinger”, abbia parlato di “grandezza della sfida insita nella natura della teologia”, quasi a volerci incoraggiare nel nostro sforzo di rinnovamento, teso a realizzare un modello di università come luogo del sapere universale, su una robusta travatura filosofico-teologica.
Ce ne può brevemente parlare?
R. Si tratta di un programma avviato già nel 2010, che prevede due obiettivi di fondo e due linee operative. I due obiettivi di fondo – a tal punto intrecciati, da poter essere considerati un unico obiettivo – sono lo studio dell’emergenza educativa (fenomenologia, l’eziologia, terapia…), e la formazione dei formatori, come risposta appropriata dell’università del Papa alla sfida educativa. A loro volta, due linee operative ci guidano e continueranno a guidarci al conseguimento di questi obiettivi: un’adeguata pastorale universitaria, intesa globalmente come accompagnamento efficace – a livello personale e di gruppi – dei membri della comunità accademica nella loro formazione integrale, umana e cristiana; e lo sviluppo della comunicazione, all’interno e all’esterno dell’università. Naturalmente, si tratta di una descrizione per sommi capi, cui è sottesa una molteplicità di altri aspetti non secondari.
FONTE: Vatican Insider
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