Appello alla politica salentina affinché Lecce diventi zona franca urbana o a “burocrazia zero”.
19 Ottobre 2013 da dagata
Appello alla politica salentina affinché Lecce diventi zona franca urbana o a “burocrazia zero”. Dopo i primi appelli caduti nel vuoto e la trasmissione Report che ha messo al pubblico ludibrio la situazione leccese, lanciata l’idea della costituzione di un Comitato professionale per sollecitarne l’istituzione e una petizione dei cittadini leccesi
Lecce non può più attendere. I leccesi dicono basta alle false promesse, ai continui rinvii ed ai rimpalli di competenze tra amministrazione comunale e regione e viceversa. A Lecce deve essere urgentemente costituita la “zona franca urbana” e la “zona a burocrazia zero”, come ha precisato l’avvocato Maurizio Villani nell’intervista a Report andata in onda lunedì 07 ottobre 2013 su Raitre nella quale la troupe dei giornalisti della trasmissione televisiva, accompagnati in tour dall’avvocato Francesco D’Agata nella sua qualità di portavoce dello “Sportello dei Diritti”, ha potuto constatare visivamente la situazione della periferia leccese nella quale da anni viene promessa l’attuazione della normativa nazionale rilanciata dal recente “Decreto del Fare”.
L’associazione “Sportello dei Diritti” che con l’avvocato Villani ha riportato a livello nazionale questa scandalosa situazione, ribadisce ancora una volta che è un’occasione da non perdere, soprattutto in questo difficile momento di crisi economica e finanziaria.
E rilancia la proposta di costituire un Comitato professionale per sollecitare l’istituzione a Lecce delle due zone, anche in collaborazione con il Prefetto, entro e non oltre il 31 dicembre di quest’anno.
Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” rivolge pertanto un appello alla politica salentina perché si attivi, indipendentemente dalle appartenenze e dai colori politici nel più breve tempo possibile. Ed in tal senso, è pronta una lettera aperta da far sottoscrivere anche tramite email a tutti i cittadini leccesi.
Di seguito, peraltro, riportiamo anche un articolo a firma degli avvocati tributaristi Maurizio Villani e Iolanda Pansardi e pubblichiamo sul sito istituzionale dello “Sportello dei Diritti” la documentazione utile per comprendere l’importanza dell’accelerazione dell’iter burocratico.
Zona a burocrazia zero
Al fine di snellire l’iter burocratico delle imprese l’articolo 37 del decreto legge n. 69 del 21 giugno 2013, convertito in legge, con modifiche dall’art. 1, L. 09.08.2013, n. 98 propone un rilancio delle forme di semplificazione che, peraltro, non sono nuove nel nostro ordinamento.
Si tratta, in particolare, degli accordi sperimentali tra amministrazioni e associazioni di categoria, introdotti dal Governo Monti con l’articolo 12 del decreto legge n. 5 del 2012, convertito in legge n. 35 del 2012 (e poi ulteriormente disciplinate con successiva decretazione d’urgenza), ossia di convenzioni che possono essere stipulate tra le amministrazioni competenti e le varie associazioni di categoria «per attivare percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le iniziative e attività delle imprese sul territorio, in ambiti delimitati e a partecipazione volontaria, anche mediante deroghe alle procedure e ai termini per l’esercizio delle competenze facenti esclusivamente capo ai soggetti partecipanti, dandone preventiva e adeguata informazione pubblica» (così la definizione offerta dall’art. 12, comma 1, del decreto legge n. 5 del 2012).
Ed infatti, grazie al Governo Letta le zone a burocrazia zero, già adottate nell’ambito di queste attività di sperimentazione dal Governo Monti, sono estese a tutto il territorio nazionale.
Sebbene vi sia confusione interpretativa su cosa in realtà consistano, si può evincere dall’articolo 37-bis, comma 1, del decreto legge n. 179 del 2012 (Governo Monti), convertito dalla legge n. 221 del 2012, che“ le zone a burocrazia zero” sono delle zone franche del territorio nazionale le quali sono state espressamente sottratte (addirittura) a ogni «vincolo paesaggistico-territoriale o del patrimonio storico-artistico» e dove il rilascio delle autorizzazioni sono sostituite da una comunicazione che l’interessato deposita presso lo sportello unico delle attività produttive.
In ogni caso l’obiettivo rimane quello di semplificare, snellire e accelerare le procedure burocratiche per lo start-up d’impresa, al fine di incoraggiare le imprese nel dare impulso allo sviluppo socio- economico del paese.
Peraltro, a complicare le cose, sempre dallo stesso articolo 37 bis, emerge la nozione affine di “zona franca urbana” che nello specifico, al comma 3, così recita: << Per le aree ubicate nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, ove la zona a burocrazia zero coincida con una delle zone franche urbane di cui all’articolo 37, le risorse previste per tali zone franche urbane, ai sensi dell’articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono utilizzate dal sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi diretti alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero>>.
Va ricordato che la storia delle zone franche urbane è molto complessa. La loro istituzione era stata prevista originariamente con la legge 296/2006 (Finanziaria 2007), pensata dal governo guidato da Romano Prodi come agevolazione per le nuove iniziative produttive in alcune zone del paese, attraverso l’esenzione fiscale e contributiva. La realizzazione del progetto si era arenata sul fatto che le agevolazioni previste erano eccessivamente ampie e la copertura prevista sarebbe stata probabilmente insufficiente per tutti i benefici: esenzione da imposte sui redditi, Irap, Ici ed esonero dal versamento dei contributi previdenziali. Perciò successivamente la Finanziaria 2007 aveva circoscritto i benefici (anche dal punto di vista territoriale), lasciando a un successivo decreto dell’Economia il compito di circoscrivere ulteriormente l’agevolazione.
La norma, di poi, viene ancora modificata dal comma 4 dell’articolo 9 Dl 194/2009, convertito dall’articolo 1, comma 1, legge 25/2010.
E’ l’articolo 43 del Dl 78/2010 (Manovra estiva) a introdurre come misura tesa a rivitalizzare l’economia “la zona a burocrazia zero”.
Ebbene, se pur entrambe le nozioni mirino agli stessi obiettivi, si passa da una misura, le Zone franche urbane, che – con costi per l’erario – si caratterizzava per la previsione di misure di fiscalità agevolata, a una misura, le Zone a burocrazia zero, che – sostanzialmente senza costi per l’erario – si caratterizza invece per una enunciata semplificazione delle procedure autorizzatorie.
Ciò detto, vediamo pur sommariamente di cosa si tratta. Intanto l’istituzione di tali Zbz spetta al presidente del Consiglio che procede con decreto su proposta del ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il ministro dell’Interno. Nelle zone così individuate, le nuove iniziative produttive godono di una serie di vantaggi il più rilevante dei quali è dato dalla possibilità che i provvedimenti conclusivi dei procedimenti amministrativi di qualsiasi natura e oggetto avviati su istanza di parte sono adottati in via esclusiva da un Commissario di Governo che vi provvede, ove occorrente, previe apposite conferenze di servizi ai sensi della legge 241/1990. A ciò si aggiunge la previsione del silenzio-assenso ove un provvedimento espresso non intervenga entro 30 giorni dall’avvio del procedimento.
A riprova dell’implicita sostituzione delle Zfu con le Zbz, c’è la previsione che le Zbz individuate in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, ove coincidenti con una delle Zfu individuate dalla delibera Cipe 14/2009, nonché in quella dell’Aquila individuata con deliberazione Cipe del 13 maggio 2010, le risorse previste per tali Zfu, sono utilizzate dal sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi diretti alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero.
Sul punto, peraltro, la Corte costituzionale con sentenza n. 232/2011 ha statuito l’illegittimità costituzionale laddove queste semplificazioni coinvolgano procedimenti amministrativi afferenti a materie di competenza regionale concorrente e/o residuale giacchè le zone a burocrazia zero prevedendo l’adozione di tutti gli atti amministrativi, in modo indifferenziato, da parte di un commissario del Governo, realizzavano così una chiamata in sussidiarietà allo Stato delle varie funzioni amministrative di competenza regionale.
Le zone a burocrazia zero reintrodotte invece dal Governo Monti nel 2012, non prevedono più l’accentramento di tutte le competenze in capo al commissario di Governo, limitandosi a una semplificazione più blanda.
Ora le recentissime disposizioni inserite dal decreto legge “del fare” mirano all’estensione a tutto il territorio nazionale di queste sperimentazioni, anche al fine di creare un sistema integrato di dati telematici tra le varie amministrazioni coinvolte e di permetterne un monitoraggio complessivo che è affidato al ministero dello sviluppo economico.
Ebbene, a complicare ancor di più il quadro normativo delineato dall’art. 37 del D.l. 69/2013, è il nuovo comma 3 bis introdotto dalla legge di conversione secondo cui: << Si intendono non sottoposte a controllo tutte le attività delle imprese per le quali le competenti pubbliche amministrazioni non ritengano necessarie l’autorizzazione, la segnalazione certificata di inizio attività, con o senza asseverazioni, ovvero la mera comunicazione». Si precisa, poi, che spetterà alle pubbliche amministrazioni indicare, sul proprio sito Internet istituzionale, quali attività imprenditoriali continueranno a essere sottoposte ai controlli. Ed è tale potere discrezionale affidato alle amministrazioni ovvero individuare quali attività saranno soggette al controllo impedendo così un intervento ex lege del controllo, e, vieppiù, l’assenza di un criterio in base a cui formare “l’elenco apposito” a destare le maggiori perplessità. Oltretutto non si comprende in base alla disposizione, di quali controlli si stia parlando laddove si può pensare unicamente ai controlli che la legge stabilisce per l’intrapresa dell’attività, ovvero a quelli che dovrebbero attivarsi in vista del rilascio dell’autorizzazione o a seguito della ricezione della Scia o della comunicazione; e non anche ai controlli successivi all’inizio dell’attività, concernenti i più svariati aspetti della vita dell’impresa, da quelli tributari a quelli sanitari, da quelli edilizi a quelli concernenti la tutela dei lavoratori, ecc.
Infine a completamento dell’intreccio di norme di cui sopra previste dal citato art. 37, il comma 5, stabilisce che le uniche limitazioni alle attività economiche così liberalizzate, consistano nella tutela dei «principi fondamentali della Costituzione, la sicurezza, la libertà e la dignità dell’uomo e l’utilità sociale, il rispetto della salute, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale>>.
Ci si chiede se con tale ultimo paletto si sia riusciti davvero a dare impulso alla semplificazione e se venga concretamente rispettato il concetto di “burocrazia zero” giacchè sarà davvero arduo non ricondurre ogni scelta imprenditoriale tra i limiti posti a tutela della carta costituzionale.
Di seguito pubblichiamo sul sito istituzionale dello “Sportello dei Diritti” anche la documentazione utile per comprendere l’importanza dell’accelerazione dell’iter burocratico.
Avv. Maurizio Villani Avv. Iolanda Pansardi
Inserito in Varie | Nessun Commento »