Scuola. Basta “classi pollaio”. Il Tar Molise stabilisce in massimo 25 il numero di studenti per aula
11 Gennaio 2013 da dagata
Scuola. Basta “classi pollaio”. Il Tar Molise stabilisce in massimo 25 il numero di studenti per aula anche per il rispetto della normativa sulla sicurezza e i valori primari della salubrità dell’ambiente e l’incolumità degli alunni
Annullato per eccesso di potere il provvedimento dell’Ufficio Scolastico Regionale che accorpava le sezioni
Un pesante monito agli Uffici Scolastici Regionali e indirettamente ai tagli alla scuola pubblica arriva dal Tar Molise che con l’importante sentenza 556/21 ha annullato per eccesso di potere il provvedimento dell’Ufficio Scolastico della stessa regione che aveva accorpato le classi di varie sezioni in ottemperanza alla “Riforma Gelmini” così dicendo un secco “no” alle famigerate ed attualissime “classi pollaio”.
Nel caso di specie, rileva Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è stato accolto il ricorso proposto dai genitori degli allievi di un istituto tecnico che si erano opposti all’accorpamento delle classi.
In particolare, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’istituto scolastico ha effettuato una stima in base agli indici di cui al Dm 18.12.1975: tenuto conto delle superfici medie nette della aule, ed ha indicato in 25 il numero massimo di alunni compatibile con le dimensioni delle aule più grandi e in 20 per quelle più piccole.
Vi è da dire, infatti, che in virtù dell’articolo 5 del Dm 26.8.1992 (norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica), il numero massimo di studenti consentito nelle aule è di 26 di cui 25 alunni e 1 docente.
Nel frattempo, non avendo l’ente territoriale stabilito una normativa in merito, è stato il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che per legge deve individuare le situazioni di potenziale pericolo per la salubrità e la sicurezza dei luoghi di lavoro, ad assumere come parametro di riferimento il regolamento del 1975 (anche in base al richiamo di cui all’art. 5, comma 3 del d.lgs. 23 del 1996).
Nonostante la relazione del responsabile del servizio, l’ufficio scolastico regionale ne ha disatteso le conclusioni immotivatamente per applicare il dimensionamento delle classi previsto dalla famigerata “Riforma Gelmini” di cui al Decreto Ministeriale 81/2009.
Nell’accogliere il ricorso dei genitori degli studenti con conseguente condanna alle spese di lite per l’amministrazione regionale, i giudici amministrativi hanno però rilevato che la Regione non può comunque ignorare la necessità di tutelare di tutelare valori primari come la salubrità dell’ambiente di lavoro e la stessa incolumità degli studenti.
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