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Cronache di Ithil – La Druida, Lo Stregone e il Segreto della Spada del Drago di Silvana Fiderio

12 Gennaio 2013 da AngelSidia

Salve!

Su www.lulu.com è disponibile il primo volume della trilogia di genere fantasy Cronache di Ithil:

Qui sotto è disponibile un breve stralcio del Prologo in lettura:

Il cielo quella sera minacciava di crollare sulle teste di tutti nella piana. Nubi minacciose con lampi che saettavano ovunque, si stavano radunando ad ovest, accerchiando il sole ormai morente che invano cercava di rischiarare l’intera zona con i suoi raggi scarlatti.

– Gli Dei si stanno preparando alla battaglia con noi. – mormorò la Sacerdotessa dai lunghi e ricci capelli corvini. La tunica celeste vaporosa, seguiva il vento come poteva, scoprendo le gambe rivestite di pantaloni di tessuto aderente scuro della donna. Il guerriero che le stava accanto la cinse in vita mantenendo lo sguardo dritto all’orizzonte – Stasera si combatterà ferocemente. E’ la resa dei conti, finalmente.

Poco più a nord del promontorio che si affacciava sul fiume, un’altra giovane donna stava appoggiata con la schiena a ciò che restava del tronco di una vecchia quercia, bruciata oramai da tempo. I lunghi capelli scuri mossi dal vento, danzavano insieme al suo mantello di lana nera, lei per parte sua sembrava un’estensione del vecchio querceto devastato, immobile, con gli occhi chiusi e le mani distese sulla superficie rugosa del legno consumato: era in ascolto.

Un tuono squarciò l’aria, e una cacofonia a ovest nella valle, richiamò l’attenzione dei presenti sul colle: un gruppo di guerrieri armati fino ai denti stava gridando, picchiando sugli scudi con le else delle spade a ritmo di una cantilena di guerra antica e feroce. Il guerriero discese rapidamente la collina seguito dalla Sacerdotessa, e si diresse verso il gruppo armato che si stava radunando vicino alla riva del fiume Duinhim.

La giovane rimasta appoggiata al tronco della quercia aprì gli occhi, si voltò alla propria destra, e si focalizzò sulla sagoma che si aggirava fra gli alberi. Una pioggia scrosciante ricoprì l’intera regione nel giro di pochi istanti, e l’oscurità ricoprì la pianura come un mantello pesante.

– Eccoti, finalmente ti ho trovata! Ho visto il messaggio che hai lasciato alla locanda, così sono venuto a cercarti.. – l’uomo era vestito di un’armatura di cuoio, coperta da un tabarro raffigurante il simbolo del ducato della zona. Con un gesto rapido si tirò il mantello dietro le spalle, mentre guadagnava la distanza dalla giovane donna. Lei lo guardò a lungo in silenzio, sapeva bene cosa era venuto a fare fin lassù. Era stata molto chiara al riguardo quel pomeriggio, quando aveva lasciato la piazza cittadina lasciandosi dietro solo quella pergamena, inchiodata con un pugnale scuro alla porta di legno d’ingresso della locanda:

In vista della battaglia imminente ho preso una decisione: Succeda quel che succeda, se sopravvivrò, me ne andrò per sempre da qui. Fare diversamente sarebbe del tutto inutile, non posso essere di alcun aiuto a nessuno ora come ora,

la mia attuale condizione me lo impedirebbe. Abbiate tutti cura di voi,

Addio. S.

Nota: se qualcuno prova a seguirmi, lo ammazzo.

– Non dirai sul serio vero? – le mostrò il foglio di pergamena, accartocciato e inumidito dalla pioggia battente. Lei osservò il giovane uomo fare a pezzi lo scritto e gettarlo via, poi lui la strinse fra le braccia con fermezza – Non te ne andrai. – affermò arrogante. La giovane ricambiò il gesto in silenzio, chiuse gli occhi e appoggiò la fronte sul petto di lui, apprezzando per alcuni istanti quell’intima unione fra loro. Un altro tuono squarciò l’aria e i due si separarono, fu l’uomo a rompere il silenzio – Lo sapevo. Ti conosco bene, vedi? Ora vieni, torniamo.. – le parole gli morirono sulle labbra nel momento in cui vide lei fare un mezzo passo indietro, e sfoderare la propria spada che portava al fianco. Lo guardò intensamente per un lungo, interminabile istante, incapace di fermare le lacrime che le rigavano il viso insieme alla pioggia gelata. Accadde in un attimo: azzerò la distanza fra loro e lo trapassò all’altezza dello sterno.

– Sapevi a cosa andavi incontro. – gli disse emulando un tono freddo e distaccato, in netto contrasto con il suo volto, che mal celava il dolore per quel gesto estremo, e mentre lui si accasciava a terra afferrandole le spalle, rise amaramente per l’ironia della situazione – Sei veramente spietata, potevi farlo subito invece di tergiversare..! – un colpo di tosse sanguigna sconquassò il suo corpo devastato.

La giovane estrasse la spada dal corpo dell’uomo, poi lo adagiò sul manto erboso con quanta più cura possibile, e gli accarezzò il viso, proteggendolo dalla pioggia col proprio mantello. Non disse nulla, aspettò che spirasse lasciando che le stringesse la mano nella propria, premendone il dorso contro il proprio petto.

La giovane, sfruttò tutto ciò che le restava delle sue capacità di Sacerdotessa per guidarlo nel trapasso: con l’indice della mano libera disegnò sulla fronte dell’uomo morente il simbolo della falce lunare. Sulla pelle pallida di questi, apparve il simbolo come una macchia di polvere argentata, che rifletteva la luce della luna piena che, quella sera, era celata dalla tempesta. Tuttavia era presente, e questo la giovane donna lo sapeva bene, la sentiva.

– Dannata.. Incapace di amare.. tu sei e resterai una Dannata… – furono le ultime parole della guardia, l’espressione rassegnata sul suo viso, aprì uno squarcio nello spirito già devastato della giovane donna. Ella posò le dita sul collo dell’uomo: il battito cardiaco si stava arrestando. All’improvviso, mossa da quel poco di coscienza che le era rimasto dentro, e che gridava furiosamente, prese la spada e si ferì il polso all’altezza della vena, fece sgorgare il proprio sangue sulla ferita di lui e mormorò – A te che sei morente, do la mia energia vitale per il tuo corpo martoriato. Finché ti servirà per vivere, sarò la tua fonte di vita. Nel momento in cui sarai in grado di vivere da solo, questo legame si spezzerò e non ricorderai più niente di me.

La debolezza colse la giovane, che fu costretta ad appoggiarsi al tronco della quercia devastata, il sangue continuava a sgorgarle dalla ferita e scivolava sulle radici raggrinzite fin nella terra umida, mentre lei mormorava la sua preghiera come un mantra, nella speranza di rendere più efficace il rituale appena compiuto – A te che sei morente, do la mia energia vitale per il tuo corpo martoriato.. Sarò la tua fonte di vita.. – Improvvise immagini di ricordi confusi si susseguirono nella sua mente, finché davanti a lei, nella foschia notturna mescolata all’umidità che dal terreno si levava, le sembrò di vedere la riva di uno specchio d’acqua circondato da alberi antichi, ed un gruppo di persone vestite di bianco, allocate all’interno di un cerchio di pietre monolitiche ed intente a contemplare un fuoco su di un altare di pietra, posto al centro dell’intera struttura. La visione svanì come nebbia davanti ai suoi occhi, ma il profumo di erbe bruciate in incensi le rimase impresso per qualche attimo. Fra di esse poteva distinguere il vischio e l’artemisia.

La pioggia cessò di cadere gradatamente e le nubi si aprirono un poco. Un fremito la scosse mentre i suoi occhi, lucidi di lacrime, riflettevano il chiarore argentato dei raggi lunari che si allungavano su di lei, come se una mano di luce si tendesse aperta e gentile. – Maledizione.. – mormorò con rabbia mista a disperazione. Sentì il fuoco divampare in lei come un incendio, divorandole lo Spirito già lungamente provato.

Contemporaneamente dal basso, arrivò un grido acuto: i guerrieri si stavano preparando alla battaglia: lo scontro sarebbe cominciato di li a poco. La giovane si alzò a fatica, e constatò sorpresa che la ferita sul polso si era rimarginata completamente. Controllò il battito cardiaco dell’uomo steso a terra: era vivo, la sua ferita completamente rimarginata. Se avesse aspettato un istante dopo sarebbe stato vano: dopo averlo ferito a morte era riuscita a salvarlo per il rotto della cuffia.

Il rituale aveva funzionato.

Prese la propria spada e si allontanò lentamente da quel luogo dissacrato, diretta al campo di battaglia, ma a metà strada fu bloccata da una donna. Questa era vestita di un abito raffinato, riccamente ornato di stoffe e nastri chiari, con un mantello color avorio tenuto chiuso da una fibbia d’oro bianco raffigurante un giglio, ed una pelliccia attorno al collo chiara, che rifletteva i raggi argentati della luna piena. Era sola e a cavallo, e la giovane la conosceva abbastanza bene da odiarla: era la causa dello scontro sanguinoso che si sarebbe consumato più a valle.

– Ah, la Sacerdotessa.. o meglio, la ex Sacerdotessa. Guarda che laggiù si stanno preparando a combattere, cosa ci fai tu qui? – le domandò con una certa superiorità. Lei era una nobildonna molto conosciuta nel suo ambiente e fra la sua gente, ma sembrava che con quella giovane plebea dovesse sempre ribadirlo, ad ogni loro incontro. In passato, pensava che i lunghi silenzi della giovane Sacerdotessa mezzosangue fossero di devozione e rispetto verso di lei, tuttavia quella sera si rese conto amaramente che in realtà, in quei momenti di sguardi bassi e silenzi prolungati, era semplicemente stata ignorata, e questo la irritò moltissimo.

– La tua guardia personale è ancora viva, lassù ai piedi della quercia bruciata. – e le indicò con un cenno del capo la direzione. La nobildonna dai capelli lunghi corvini replicò aspramente – Cosa gli hai fatto, sta bene?! – l’altra piegò le labbra in un sorriso bieco – Gli ho fatto capire che deve girarmi alla larga. E tu farai bene a fare altrettanto.

Era la prima volta che si rivoltava contro una donna di rango nobile, ma non aveva più alcuna importanza: probabilmente, entro quella sera sarebbero stati tutti morti.

– Mi stai minacciando forse? – portò la propria cavalla verso la direzione indicata, la giovane ex Sacerdotessa replicò di rimando – Prendila come vuoi. Sappi che se mi ricapiti a tiro, sola come questa sera, non ci penserò due volte prima di decapitarti.

La nobildonna la squadrò dall’alto in basso – Insolente ragazzina. Finita questa faccenda vedrò di sistemarti a dovere! – indispettita, non sembrava trovare le parole adatte per finire il suo aspro rimprovero, così si limitò a spingerla via col piede. L’altra indietreggiò sul terreno scivoloso, ma mantenne una buona posizione facendo perno con la propria spada conficcata nel terreno. Le gocce del proprio sangue, che si trovavano sul filo della lama, scivolarono mescolate a quelle d’acqua sul terreno umido.

La giovane sorrise bieca, mentre vedeva la cavalla proseguire incerta sulla collina fradicia di pioggia, portandosi dietro pazientemente la nobildonna irritata.

Lui starà bene, e probabilmente sarà anche molto felice. Non ho altro desiderio da esprimere stanotte. Pensò fra sé e sé, poi si diresse verso la valle attenta a dove metteva i piedi.

—.

Grazie per l’attenzione accordata, 

Cordiali saluti!

Silvana F.

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