A casa sempre il salvavita. La cassazione conferma la condanna per omicidio colposo
1 Novembre 2012 da dagata
A casa sempre il salvavita. La cassazione conferma la condanna per omicidio colposo della vittima rimasta folgorata nei confronti del proprietario dell’immobile che non l’aveva installato
Quello che tutti conosciamo come “salvavita” ossia l’interruttore differenziale che non é altro che un dispositivo di sicurezza in grado di interrompere il flusso elettrico di energia in un circuito elettrico di un impianto elettrico sia in caso di guasto verso terra (ossia di dispersione elettrica) o folgorazione fase-terra fornendo dunque protezione anche verso macroshock elettrico sia diretto che indiretto sulle persone a rischio é al centro di un’importante sentenza della Corte di Cassazione che di fatto, per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” ne certifica l’assoluta indispensabilità anche in termini di conseguenze penali per i proprietari d’immobili. La Suprema Corte, infatti, con la recentissima sentenza rubricata al numero 40050 del 10 ottobre 2012, ha confermato la condanna per omicidio colposo nei confronti sia della proprietaria di un appartamento, che del figlio nella sua qualità di amministratore di fatto, in conseguenza della morte dell’inquilino dell’abitazione deceduto a causa di una scossa elettrica che l’aveva folgorato per l’assenza di “salvavita” nell’immobile.
Nel caso di specie, il conduttore dell’appartamento era stato in precedenza colpito da una scarica elettrica mentre si stava facendo la doccia, ma in seguito, in quanto la dispersione elettrica non era cessata, era rimasto folgorato sulla terrazza dello stesso immobile dove erano presenti delle vasche d’acqua, poiché aveva tentato di staccare senza riuscirci l’interruttore generale.
I due imputati, condannati già entrambi dalla Corte d’Appello per omicidio colposo, anche avanti ai giudici di legittimità si erano difesi sostenendo che l’evento era dipeso dall’improvvisa, arbitraria ed illogica condotta del malcapitato che, nonostante la dispersione elettrica, invece che far intervenire un addetto specializzato, era salito sulla terrazza, alla quale, peraltro, – sempre secondo quanto sostenuto dai due – non avrebbe avuto diritto di accedere. Gli ermellini nel rigettare le motivazioni addotte dai ricorrenti ha sostenuto che “senza conoscere se l’impianto elettrico dell’abitazione fosse dotato, come la legge richiede, di interruttore differenziale, è certo che ove fosse stato regolarmente posto in essere strumento efficiente di tal fatta il tragico evento non si sarebbe dato, perché l’immediata disattivazione elettrica avrebbe impedito la folgorazione”.Inoltre, esplicitano i giudici del Palazzaccio che nessuna condotta, “estranea all’id quod plerumque accidit può attribuirsi alla vittima, la quale, percepita la scarica elettrica mentre era sotto la doccia, salì sul terrazzo, evidentemente di libero accesso (e nulla rileva che in questa sede i ricorrenti asseriscano che la vittima non avesse titolo civilistico al fine), per accertarsi della ragione della dispersione. (..) Ivi, come ha precisato la Corte d’Appello, l’uomo, senza che avesse in alcun modo armeggiato rischiosamente con i fili elettrici, venne attinto dalla mortale scarica per aver contemporaneamente toccato il tubo conduttore dell’elettricità all’autoclave e l’inferriata a potenziale elettrico zero”.
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