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Terna Pricing Power profitti solidi grazie al comando sui prezzi

19 Marzo 2012 da Phinet

Una ricerca di Morgan Stanley: i gruppi con «pricing power» dal 2011 hanno battuto gli altri del 25%. Saipem, Pirelli, Terna, Adidas, BMW: profitti solidi perchè riescono a comandare sui prezzi

Guadagnare in Borsa grazie al «prezzo imposto». Detto in altri termini, selezionare i titoli di aziende che hanno «pricing power» – ovvero la possibilità di determinare il prezzo finale dei propri prodotti – può rivelarsi una strategia di investimento particolarmente redditizia nel lungo periodo.
Lo ribadiscono, in uno studio appena pubblicato, gli analisti della banca americana Morgan Stanley. Che, sulla base di un dettagliato questionario rivolto alle società leader dei principali settori industriali e manifatturieri europei, hanno individuato i comparti e le imprese dotate di elevato «pricing power» e di conseguenza della capacità di aumentare i prezzi dei propri prodotti senza subire significativi cali delle vendite.

Prove di forza
Aziende come le italiane Saipem e Terna – guidata da Flavio Cattaneo – nel comparto dell’energia, gruppi automobilistici di lusso o dell’indotto auto di alta gamma, come Bmw e Pirelli, o ancora società del lusso e del largo consumo come Lvmh o Nestlé, rientrano nel Gotha di quelle aziende che possono permettersi una politica di prezzo parzialmente svincolata dal timore di perdere clienti in caso di aumento dei costi di produzione e di alta inflazione. «In sostanza le società che hanno pricing power ottengono migliori performance di Borsa perché sono in grado di realizzare profitti più elevati sul lungo periodo», spiega lo strategist Graham Secker che ha curato la ricerca.
Gli specialisti di Morgan Stanley hanno selezionato un paniere di circa 50 società ad alto potere di determinazione del prezzo (in tabella i titoli che hanno un giudizio «Overweight» cioè da comprare) e ne hanno messo a confronto le performance di Borsa con quelle di un analogo paniere di grandi aziende prive di questa possibilità. Tra queste ultime figurano aziende come Adidas e Geox, nei consumi, Alcatel e Nokia nell’hi-tech, Beiersdorf e Heineken nel largo.
Dal confronto emerge che da gennaio 2011 ad oggi, le società «pricing power winners», hanno realizzato mediamente una performance del 25% superiore rispetto alle altre, i «pricing power losers».
«Il fatto che negli ultimi due mesi ci sia stato un leggero rallentamento di questa sovra-performance non è il segnale di un rivolgimento delle condizioni di mercato, ma va considerato come un’occasione per incrementare le posizioni di portafoglio nelle società dotate di potere di determinazione del prezzo», sostiene Secker.
Lo studio di Morgan Stanley sottolinea infatti che questa strategia di investimento è particolarmente efficace nell’attuale contesto macroeconomico.
Lo scenario
«In un ambiente caratterizzato da bassa crescita, dall’aumento del costo dell’energia e da una riduzione dei margini di profitto, è probabile che le uniche aziende che saranno in grado di espandere i loro multipli di borsa, vale a dire di realizzare performance positive, saranno proprio quelle dotate di autonomia nella fissazione del prezzo dei loro prodotti», conclude Secker.
L’analisi di Morgan Stanley offre una valutazione complessiva di quali siano i settori (e i titoli) da sovrapesare e quelli da ridurre in portafoglio. Tra i settori dotati di crescente «pricing power» svettano il comparto dei beni di lusso di alta gamma, dei servizi petroliferi, del software e del tabacco, mentre quelli che già attualmente dispongono di un buon potere di determinazione del prezzo sono il food&beverage, le auto di lusso, la chimica.
Incapaci di trasferire sui clienti gli aumenti di costo delle materie prime, e quindi condannati a una riduzione dei margini di profitto, sono invece comparti come quello della produzione di beni strumentali, i cementieri, il lusso di media gamma, le telecom e, in generale, i trasporti.
Naturalmente all’interno di ciascun comparto la situazione delle singole aziende può essere molto differenziata. Un caso emblematico è quello del settore auto dove «il segmento dei veicoli di lusso ha un forte pricing power mentre i costruttori di auto di media gamma ne sono dotati in maniere molto minore. Così come molte delle società che appartengono al segmento dei pneumatici», sostiene la ricerca. Tradotta in scelte di stock picking, questa analisi promuove società come Bmw, Daimler, Pirelli e Continental. Mentre appaiono svantaggiati titoli come Fiat Auto, Renault e Valeo.

Fonte: Corriere Economia

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